domenica 13 marzo 2016

Blu. Considerazioni provvisorie.


Premessa. L'idea di fare una mostra di oggetti dell'arte di strada è una idea come altre, Non si può ragionevolmente demonizzare, ma non mi entusiasma. Perché, come poi nel concreto della vicenda bolognese, si presta a critiche di immediata evidenza. Parrebbero più opportune mostre didattiche, storico-fotografiche e performances originali ad esse collegate.
Il punto. Non chiedere agli autori il loro accordo a prestare le opere proprie al distacco ed all'esposizione fuori contesto mi pare, naturalmente se la cosa è confermata, un fatto enorme. Direi che persino legalmente si configura una fattispecie insostenibile. In ogni caso si tratterebbe di una procedura tale da inibire qualsiasi possibilità di produzione di valore culturale all'iniziativa, che necessità invece, come ogni altra simile, del massimo coinvolgimento dei protagonisti. Sono stupito, e dubbioso, che possa essere proceduta da una organizzazione delle dimensioni e dell'autorevolezza quale l'Ente promotore di Bologna. Aggiungo che il ragionamento vale, e ancor più, anche in caso di "assenza" di un autore, della sua non identificabilità. Anche in questo caso se il coinvolgimento non è possibile, non si strappa, al contrario, ci si ferma, non si fa.
La cancellazione. All'azione di Blu sono stati "assegnati", se abbiamo letto bene i resoconti dei media, due diversi significati. Il primo è il più semplice ma anche il meno credibile. L'artista avrebbe temuto e quindi voluto impedire l'utilizzo della sua opera. Se così fosse si può obiettare che sarebbe stato sufficiente dire NO. "No, il mio lavoro non è in alcun modo a vostra disposizione". Il secondo significato mi sembra più adatto a motivare un gesto simile. L'artista ha voluto denunciare l'iniziativa della mostra o museo in sé, lo riguardasse personalmente o meno. Ha voluto dirci che la cancellazione ci indica che proprio il disvalore di "cancellare" è il prodotto della contaminazione fra privato e arte di strada. Un' azione di protesta per prefigurare, con la chiarezza somma di un fatto, il destino della desertificazione che sarebbe proprio dell'allargarsi del mercato. Se questo è si tratta di un atto pubblico e come tale può essere pubblicamente valutato. A mio giudizio "l'atto" è allo stesso tempo indiscutibile e discutibile, nel senso di criticabile. Indiscutibile perché nato dalla volontà soggettiva dell'artista che ha creato l'opera, che viene cancellata dalle sue proprie mani. Criticabile perché la conseguenza, la cancellazione, è ben più grave dell'indicazione che produce. A me così sembra. Naturalmente il mio giudizio è unicamente soggettivo e aggiungo che deve essere compito della comunità civile, non mi viene in mente altro termine, aggiungersi comunque alla "protesta" Come qualcuno ha scritto: "Dobbiamo tutti meditare sul suo gesto e aprire un dibattito vero, perché l’arte non si può strappare ma va rispettata" . Un'altro aspetto critico è però presente e contraddice l'indiscutibilità cui abbiamo fatto cenno. Se l'arte di strada è libera e particolare è esattamente perché in strada si colloca. Ma se così è l'intervento nel e sul contesto a quel contesto sociale la fa appartenere. L'artista di strada cede, inevitabilmente, parte della sovranità sulla sua opera al contesto sociale dove l'ha "operata". Blu non pare averne tenuto conto.