lunedì 5 dicembre 2016

Le dimissioni di Renzi

Renzi si è dimesso da Presidente del Consiglio con un discorso impegnato e decoroso.
Alcuni punti però mi hanno colpito e inquietato, nel senso che mi hanno reso inquieto, voglio dire.
Il più rilevante, e di immediata attualità nelle conseguenze, riguarda le responsabilità, IN PARLAMENTO nella prossima fase.
Parlando della legge elettorale ha detto: "Ora tocca alle forze del No, a loro avere onori e oneri, a iniziare dalla responsabilità di proporre la legge elettorale, ci aspettiamo proposte serie e credibili”.
Non è così , sia nella realtà delle cose che nel rigore nell'agire richiesto dalla realizzazione di una legge fondamentale come l'elettorale. Il fronte del No non esiste come forza unitaria di Governo e non è vero che dovesse esistere.
C'era una legge da giudicare, la riforma costituzionale, i Sì e soprattutto i No potevano giungere da ogni parte senza altri ragionamenti e atti di schieramento.
Renzi ha cercato di negare, variamente, con stop and go ripetuti questa banale verità. Ora essa ci si presenta incontrovertibile.
Il PD è la forza più grande in Parlamento.
O chiede di andare al voto subito con il proporzionale determinato dalla Corte Costituzionale al Senato e l'Italicum alla Camera (sempre che il prossimo pronunciamento della Corte non lo bocci), una follia, oppure si prende le proprie responsabilità e cerca di portare a casa una legge legge elettorale migliore.
I punti dell'accordo interno firmato un mese fa sono una guida utilissima, oggi assai più di ieri.

Davide Ferrari
Il corsivo

Il progresso d'Italia 5 XII 201

martedì 15 novembre 2016

La vittoria di Trump. Prime note.


La vittoria di Trump è un fatto di tale gravità che non può essere definito con analisi frettolose, tanto diffuse quanto generiche.
La più richiamata attribuisce tout court la vittoria al voto per il candidato di estrema destra da parte dei ceti popolari “abbandonati dall'elitarismo dei democratici”.
C'è una parte di verità in questa sintesi ma anche molto di fuorviante.
In poche parole, non è vero che Trump abbia convinto ceti di "sinistra sociale" inconsapevoli e/o abbandonati, è vero invece che si è determinato un allontanamento di alcune componenti, vaste, di questi ceti dalla proposta dei democratici.
Il risultato sembra lo stesso ma non è così. Il voto di Trump non è una generica protesta anti-sistema, è un voto a destra, radicale ed inequivoco dove si è ritrovata la grandissima parte dell'elettorato moderato e dell'america bianca. Guardiamo meglio i dati.
Innanzitutto non è vero che Trump ha vinto per aver determinato a suo favore spostamenti elettorali socialmente significativi.
Donald Trump entra alla Casa Bianca con meno voti popolari rispetto a quelli ottenuti 4 anni fa da Mitt Romney.
A permetterglielo è stato il risultato dei democratici, con Hillary Clinton che, pur vincendo nel voto popolare, ha perso oltre 6 milioni di voti rispetto all'elezione di Barack Obama nel 2012.
Diventano quasi 10 milioni, se si considerano i voti ottenuti nel 2008, l'elezione del grande successo del presidente
uscente.
In sintesi i candidati Democratici alla presidenza hanno perso poco meno di 4 milioni di voti nel '12 rispetto all' '8 e altri 6 milioni nel '16 rispetto al '12. Una parte sono andati ai Repubblicani, come sempre avviene, nel normale interscambio fra i due partiti, e probabilmente una quota di voti repubblicani è andata invece a Hillary. Invece l'enorme maggioranza dei voti che hanno lasciato i Democratici si è dispersa, in particolare nell'astensione, qualcuno anche in proposte alternative, determinando la sconfitta di Clinton, ma non certo raggiungendo Trump.
La Clinton ha presentato senza dubbio dei limiti di innovazione, di simpatia, di popolarità, ma i fenomeni di erosione, di abbandono, vengono da più lontano e, in maniera più o meno simile, avvengono a danno di altre "sinistre" in Europa e non solo. E' interessante osservare le prime indicazioni che possediamo sull'origine sociale del voto a Trump e del voto alla Clinton.
Come da analisi Reuters sono i ricchi a votare Trump, più si scende nella scala sociale e meno voti prende il cosiddetto Tycoon.
Anche la ripartizione geografica è indicativa. Trump vince in tutti gli stati di tradizionale e solido orientamento conservatore, nelle aree rurali.
E gli altri dove ha prevalso, allora? Clinton perde molti stati per pochissimi voti.
Così in Michigan, dove 11.000 voti separano Trump dalla Clinton, in Wisconsin, dove la differenza tra i due candidati è di 27.000 voti, così in Florida, dove sono 120.000 i voti repubblicani in più.
Infine bisogna ricordare che la Clinton ha ricevuto il 55% dei suffragi degli under 30, il 54% delle donne e il 65% degli ispanici e un numero altissimo di voti di neri, di poco inferiore alla percentuale di Obama (l'89%).
Allora... a) la coalizione (minoranze di massa-città) determinata da Obama non è smentita dal voto andato alla più moderata Hillary, nel senso che l'architettura del voto alla Clinton non è sostanzialmente diversa da quella del voto a Obama, anzi, in un certo qual modo i caratteri di quest'ultima sono ormai- non superabilmente- la cifra di tutto il voto democratico, però (b) al voto democratico è mancata una quota rilevante di conferme di voto. I motivi sono noti ed anche i ceti sociali che più si distaccano: ceti medi proletarizzati dalla crisi e, in questo ambito, a nostro avviso, ceti di media o buona intellettualità del pubblico impiego o subordinati in ambiti privati. Infine, cosa non meno importante...(c) la proposta estrema di Trump, se non ha avuto voti “nuovi” da aree e identità sociali più democratiche, a differenza di quel che si scrive in questi giorni, non ha allontanato quasi nessuno dei possibili elettori conservatori. Il voto di centro-destra, in larghissima misura, è andato a chi ha svolto, nella sua campagna elettorale, numerosi comizi circondato da gruppi paramilitari nazisti osannanti e armati, per citare un elemento.
Evidentemente, ben più forti della paura dell'estremismo, sono state le condivisioni della volontà di potenza e supremazia che Trump ha espresso e il non riconoscimento -in alcun modo- dell'America plurale e plurietnica come l'"America".
Se pare difficile che tout court proposte più radicali possano invertire la rotta, certamente la sinistra moderata e "liberale", nel senso europeo del termine, non rispecchia i ceti dove maggiore è stato l'allontanamento e non le è sufficiente per riguadagnare, in molti casi, il loro voto, parlare di temi "altri" rispetto alla concreta condizione sociale ed economica: diritti civili, diversità, integrazione.
Non solo, i temi ambientali e il riprendere nel mondo di aperte sfide al primato della potenza degli Usa obbligavano, e obbligano, a chiarire una visione diversa, (non solo meno propensa agli interventi militari diretti, ma capace di scommettere su una nuova governance del mondo basata sull' interdipendenza).
Invece il confronto sempre più aspro con Putin, i tentativi, ancora sottotraccia ma evidenti, di contenere la Cina promuovendo alleanze fra tutte le potenze asiatiche ad essa concorrenti, la stessa larvale avversione alla Germania e alla Ue come creatura tedesca, dimostrano invece le incertezze e gli errori di una intera impostazione.
Concludendo quel che è accaduto dimostra che, senza una sua ricostruzione sociale e, nello stesso tempo senza una vera analisi dell'identità del voto a Trump, nei suoi caratteri di orientamento profondi, la parte progressista può quindi essere condannata alla sconfitta, anche in presenza di alternative estremiste e di bassissimo profilo di governo.
Davide Ferrari
"Il progresso d'Italia"
15 XI 2016

martedì 28 giugno 2016

Shoah e genocidi.


La guerra sterminista contro gli Herero in Namibia, le marce della morte per tutti gli armeni nella nuova nazione turca....le citazioni dei "genocidi" tendono a crescere di numero. In realtà l'elenco sarebbe pressoché infinito. Non c'è capitolo della vicenda umana senza conquista e distruzione, ogni volta a motivo razza e destino, superiorità ed inferiorità, religiosa o civile. Tuttavia, anche se filiato in tanti aspetti, generali e particolari, dai suoi precedenti, il genocidio degli ebrei perseguito dal nazismo, con la collaborazione dei suoi alleati, in primo luogo dell'Italia di Mussolini, continua ad apparirmi qualcosa di più e di diverso. Non fu una pulizia etnica di un territorio, di un impero, di una repubblica, fu il tentativo di una eliminazione universale di una razza misticamente colpevole di esistere in fronte al destino dei puri, fu la caccia, ogni giorno e in ogni luogo, di ogni ebreo per cancellarlo. Fu l'azione di un mostro statuale nato nel cuore della nazione più socialmente ricca, più profondamente colta, più scientificamente avanzata del mondo di quel '900. No, non fu la stessa cosa. Non comprenderlo fa sfuggire intero il giudizio sul nazismo, sul più grande episodio di reazione, sul più importante meccanismo teso a fermare la storia, a mutare i caratteri, infine, dell'evoluzione umana.
28 06 2016

lunedì 20 giugno 2016

Il grave risultato elettorale.

Il risultato elettorale, su scala nazionale, è molto grave. Talmente grave che non so se il PD sarebbe in grado, il PD di oggi, di guardarlo in faccia fino in fondo senza sfasciarsi, se la presa d'atto non si produce in un contesto, almeno di metodo, che indichi una possibilità di ripresa . La convinzione dell'area che ha seguito sempre più da vicino il segretario è stata talmente alta da non ammettere cambiamenti, alternative. Oggi che la realtà si incarica di evidenziare i limiti insuperabili della politica seguita dal 2013 ad oggi cosa succederebbe se davvero si aprisse, non un giro di dichiarazioni più o meno congrue, ma una vera e propria iniziativa delegittimante? Per questo non mi convince la richiesta a Renzi di scindere i suoi ruoli rinunciando a quello di segretario. Una richiesta di per sé giusta ma che innescherebbe, se avanzata seriamente, un processo di azioni e reazioni tale da rendere più concreta una prospettiva di scissione e di reciproca debacle. Detto questo, cosa fare? Cosa esigere? Davvero non riesco a sviluppare una linea da qui a Ottobre e poi al Congresso e poi...Mi pare però essenziale compiere un tentativo di modificare la legge elettorale. Mi pare essenziale, nessuno ne parla, esigere la ripresa di un dialogo con il mondo del lavoro dipendente, con le Confederazioni sindacali . La CGIL ha avanzato una proposta di nuovo statuto dei lavoratori. Una risposta è urgente e necessaria. Sono, questi, due punti di essenziale valore democratico tali da mutare il contesto della semplificazione istituzionale attuata con la riforma che va a referendum. Provare. Sarà sempre meglio di una rissa cieca e sorda sulle responsabilità, di fronte a una Italia impaurita e senza punti di riferimento, pronta a seguire qualsiasi pifferaio.

Il progresso d'Italia
20 Giugno 2016

martedì 14 giugno 2016

Sanders e Corbyn: storie parallele?

Sanders e Corbyn: storie parallele? 
Presentazione dei libri: "Quando è troppo è troppo" e "La rivoluzione gentile".

Martedì 14 Giugno, alle ore 17.
Libreria Ubik, via Irnerio 27, Bologna


Le improvvise e imprevedibili parabole politiche di Bernie Sanders e Jeremy  Corbyn, rispettivamente sfidante di Hillary Clinton alle primarie USA e nuovo leader del Labour Party britannico, sembrano avere, a prima vista, numerosi punti di conttato. Quanto queste due vicende ci raccontano di una trasformazione politica in atto a livello mondiale, legata alla crescita delle disuguaglianze e al cambiamento dei sistemi politici, e quanto sono invece legate alle specificità delle società e dei contesti politici dove sono nate?

Martedì 14 giugno alle ore 17, presso la Libreria Ubik, in via Irnerio a Bologna, presentazione di due libri, editi da Castelvecchi, che raccolgono discorsi dei due leader:

- Bernie SANDERS, Quando è troppo è troppo, a cura di Rosa Fioravante
- Jeremy CORBYN, La rivoluzione gentile, a cura di Domenico Cerabona Ferrari

Ne discutono:

- Tiziano BONAZZI, professore emerito di Storia e Istituzioni delle Americhe presso l'Università di Bologna;
- Davide FERRARI, direttore di Casa dei Pensieri Bologna;
- Caterina GIUSBERTI, giornalista di Repubblica;

Coordina:

- Giacomo BOTTOS, direttore della rivista Pandora

Saranno presenti i due curatori.

domenica 13 marzo 2016

Blu. Considerazioni provvisorie.


Premessa. L'idea di fare una mostra di oggetti dell'arte di strada è una idea come altre, Non si può ragionevolmente demonizzare, ma non mi entusiasma. Perché, come poi nel concreto della vicenda bolognese, si presta a critiche di immediata evidenza. Parrebbero più opportune mostre didattiche, storico-fotografiche e performances originali ad esse collegate.
Il punto. Non chiedere agli autori il loro accordo a prestare le opere proprie al distacco ed all'esposizione fuori contesto mi pare, naturalmente se la cosa è confermata, un fatto enorme. Direi che persino legalmente si configura una fattispecie insostenibile. In ogni caso si tratterebbe di una procedura tale da inibire qualsiasi possibilità di produzione di valore culturale all'iniziativa, che necessità invece, come ogni altra simile, del massimo coinvolgimento dei protagonisti. Sono stupito, e dubbioso, che possa essere proceduta da una organizzazione delle dimensioni e dell'autorevolezza quale l'Ente promotore di Bologna. Aggiungo che il ragionamento vale, e ancor più, anche in caso di "assenza" di un autore, della sua non identificabilità. Anche in questo caso se il coinvolgimento non è possibile, non si strappa, al contrario, ci si ferma, non si fa.
La cancellazione. All'azione di Blu sono stati "assegnati", se abbiamo letto bene i resoconti dei media, due diversi significati. Il primo è il più semplice ma anche il meno credibile. L'artista avrebbe temuto e quindi voluto impedire l'utilizzo della sua opera. Se così fosse si può obiettare che sarebbe stato sufficiente dire NO. "No, il mio lavoro non è in alcun modo a vostra disposizione". Il secondo significato mi sembra più adatto a motivare un gesto simile. L'artista ha voluto denunciare l'iniziativa della mostra o museo in sé, lo riguardasse personalmente o meno. Ha voluto dirci che la cancellazione ci indica che proprio il disvalore di "cancellare" è il prodotto della contaminazione fra privato e arte di strada. Un' azione di protesta per prefigurare, con la chiarezza somma di un fatto, il destino della desertificazione che sarebbe proprio dell'allargarsi del mercato. Se questo è si tratta di un atto pubblico e come tale può essere pubblicamente valutato. A mio giudizio "l'atto" è allo stesso tempo indiscutibile e discutibile, nel senso di criticabile. Indiscutibile perché nato dalla volontà soggettiva dell'artista che ha creato l'opera, che viene cancellata dalle sue proprie mani. Criticabile perché la conseguenza, la cancellazione, è ben più grave dell'indicazione che produce. A me così sembra. Naturalmente il mio giudizio è unicamente soggettivo e aggiungo che deve essere compito della comunità civile, non mi viene in mente altro termine, aggiungersi comunque alla "protesta" Come qualcuno ha scritto: "Dobbiamo tutti meditare sul suo gesto e aprire un dibattito vero, perché l’arte non si può strappare ma va rispettata" . Un'altro aspetto critico è però presente e contraddice l'indiscutibilità cui abbiamo fatto cenno. Se l'arte di strada è libera e particolare è esattamente perché in strada si colloca. Ma se così è l'intervento nel e sul contesto a quel contesto sociale la fa appartenere. L'artista di strada cede, inevitabilmente, parte della sovranità sulla sua opera al contesto sociale dove l'ha "operata". Blu non pare averne tenuto conto.

martedì 16 febbraio 2016

IL CINEMA SPERIMENTALE DI PASOLINI.

A partire dal poema filmico La rabbia (1963), per proseguire con il film-saggio d'inchiesta Comizi d'amore (1964) e con i film ‘laboratorio' Appunti per un film sull'India (1968) e Appunti per un'Orestiade africana (1970), Pasolini ha sperimentato ‘forme' di cinema che trasgredivano e innovavano i codici del documentario tradizionale. In questa tavola rotonda si parlerà dell'originale sperimentalismo cinematografico pasoliniano nei suoi diversi aspetti: lirico, politico, estetico, saggistico.
Intervengono Davide Ferrari, Raffaele MilaniTommaso Mozzati e Marco Veglia


Martedì 16 Febbraio 2016, ore 18
Biblioteca Renzo Renzi della Cineteca di Bologna.
via Azzo Gardino, 65



http://www.cinetecadibologna.it/vedere/programmazione/app_7423/from_2016-02-16/h_1800

http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:2oSYgDBA-ccJ:www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/author/angelafelice/+&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it

giovedì 4 febbraio 2016

Intervento al MUSIC FREEDOM DAY 2016

http://tiramentidicultura.blogspot.it/2016/02/difendere-la-liberta-della-musica-non-e.html

Difendere la libertà della musica non è parlare d'altro - Davide Ferrari

L'attacco a Parigi, ai suoi cittadini, ai suoi giovani, di etnie e storie diverse, si è concentrato, non a caso, sul Bataclan. Sono molteplici i simboli evocati da un terrorismo spietato e assoluto nella sua identità, e ambiguo nelle protezioni internazionali che ha ricevuto e riceve. 
Fra questi, più evidente è la musica, la partecipazione alla musica, una componente ineliminabile dalla vita di qualunque ragazza e qualunque ragazzo.
E' quindi opportuno che il Music Freedom Day di questo anno 2016 sia dedicato, in tutti paesi dove si svolgeranno iniziative, alle vittime della carneficina avvenuta in Francia.
La libertà della musica è la libertà stessa della vita, è parte del diritto a vivere.
Sappiamo, anche se così poco spesso ci viene ricordato, che le cellule dell'esercito nero -che oscenamente afferma di rappresentare l'universo islamico- i mitra che hanno ucciso nella capitale della Francia sono una tessera di un mosaico di sangue che stiamo vedendo estendersi nella rincorsa spietata fra il terrorismo e la guerra.
In queste ore sulla pelle dei popoli della Siria si combatte una guerra che vede le grandi potenze protese a ribadire la proprio primato assai più che a combattere l'Isis. Con angoscia 27 anni dopo la caduta del muro di Berlino assistiamo impotenti al riprodursi, senza vergogna, di sfacciati conflitti fra imperialismi. Quelli che vediamo sono giochi di morte
senza più i veli ideologici che il bipolarismo del dopoguerra adoperava, in qualche modo contenendosi per poterli mostrare. Mentre si racconta di scontri di civiltà, la realtà ci consegna una verità ben diversa, dove Stati e super-Stati si contendono basi e ricchezze del cuore mediorientale del nostro sviluppo.
Difendere la libertà della musica non è parlare d'altro.
La musica non ha parole ma vibra con i corpi, esprime la sua verità che è più forte di ogni divisione artificiosa e violenta fra i popoli e gli individui.
Naturalmente la musica è spesso anche altro: strumento di un consumo alienante, prodotto per distrarre o bandiera di una volgare diversità posticcia, di illusorie ma pericolosissime identità contrapposte e speculari.
Ma ancora non è nata una umanità che si accontenti di una musica serva dell'oppressione.
Ancora, e più, la musica è cultura, eternamente allo stato nascente, eternamente capace di proporre una creatività della nostra specie che non si può comprimere in un'ideologia, in una propaganda.
Lo sanno gli assassini e i guerrafondai, chi da' alla vita degli altri l'importanza che diamo ai granelli di sabbia mentre calpestiamo una spiaggia. 
Lo hanno sempre saputo.
La musica, come l'arte, sono per loro forze nemiche. In molti momenti nella storia sono rimaste le sole nemiche.
Le mani spezzate di Victor Jara prima del suo sacrificio sono ancora in mente a tanti della mia generazione, paradigma della musica oppressa e voce degli oppressi.
Ogni generazionde ha le sue immagini. Se le accostiamo vediamo maggiormente ciò che le accumuna anche se sembrano diverse, opposte. I giovani del Bataclan diventeranno l'immagine chiave per chi ha i loro anni. 
Ma questo accadrà se si avrà la capacità di comprendere che non solo la storia non è mai finita, com'è ovvio ormai per tutti, che gli avvenimenti non debbono essere accettati come fatalità incomprensibili, .hanno cause e colpevoli. 
Il Music Freedom Day porta il suo contributo, vuole far pensare e far discutere. Noi, anche quest'anno, ci saremo.

DAVIDE FERRARI poeta, Direttore artistico di Casadeipensieri

sabato 23 gennaio 2016

Unioni civili. Una riflessione.

Oggi in tutta Italia ci sono manifestazioni (a Bologna in Piazza Nettuno alle ore 16) per chiedere l'approvazione della Legge Cirinnà sulle Unioni civili etero ed omosessuali.
Ci sono molti buoni motivi per approvare questa Legge: 1) riconosce e regola una realtà già esistente e del tutto comprensibile; 2) definisce norme a partire da una concezione dei legami di amore e affetto e non da una visione limitata a questioni burocratiche; 3) riporta nello Stato ciò che la società civile ha già creato riducendo il divario fra istituzioni e cittadini; 4) non offende nessuno e non soprattutto non danneggia alcuna famiglia.
Negli ultimi tempi la questione dei figli delle coppie omosessuali è diventato il fulcro di chi si oppone a questa legge. E' importante fare chiarezza, NON solo legislativamente. Innanzitutto è bene ricordare che l'opposizione NON è nata su questo terreno. Se si giunge con tanto ritardo in Italia ad affrontare organicamente la questione è perchè è sempre esistita una opposizione di carattere pregiudiziale la cui vera concezione è la seguente: l'omosessualità è un peccato da contrastare in sede religiosa e morale e da ridurre, quanto meno, sul piano delle leggi e delle politiche pubbliche.
I danni provocati da questi modi di pensare sono già stati molto rilevanti, hanno approfondito il senso di essere rifiutati di migliaia di persone, altrimenti perfettamente inserite nella vita sociale, hanno determinato fughe in avanti e separatezze, hanno impedito un vero dialogo culturale e civile tale da fondare una nuova immagine storica e condivisa della famiglia. Non basterà una legge per superare questi danni, ma il suo rigetto avrebbe conseguenze ancora più vaste e negative sull'intera situazione italiana. Il nostro paese già vive lacerazioni sociali e politiche di estrema rilevanza, come sul crinale cittadini/stranieri, così nel mondo del lavoro fra proprietari e lavoratori, fra garantiti e precari, fra occupati e disoccupati. La sfiducia nello Stato e nella politica, pure sostenuta da una immensa campagna polemica, chiaramente interessata, nasce qui, da queste lacerazioni ingigantite dalla crisi e dalla paura del presente e del futuro. Siamo a pochi passi dal trasformare definitivamente questa sfiducia in rifiuto della Repubblica democratica. L' astensione e il voto che sceglie chi ha assoluta noncuranza verso la responsabilità di governare ne sono un chiarissima fotografia.
La questione dei figli è oggi impugnata per determinare il consenso verso chi NON vuole riconoscere l'esistenza in se della vita sociale omosessuale. E' stata messa in rilievo, con molta più efficacia, naturalmente, quando si è avvertita l'inconsistenza di una polemica più evidentemente ideologica contro l'inesistente "teoria gender". Chi può pensare davvero che la presenza più visibile delle espressioni di vita delle persone omosessuali renda più incerta l'identità sessuale ed umana di tutti? Si è allora passati ai figli. Non sono stati risparmiati argomenti. Uno solo si è accuratamente evitato: quello della loro esistenza reale e della loro vera condizione. Esistono, non da oggi, da sempre. Non c'è peggiore volontà di ottenerne l'infelicità che insistere nella delegittimazione di uno dei loro genitori o di entrambi. C'è una profonda mancanza etica in chi non si pone per nulla questo problema. Aveva destato, almeno in noi, interesse e speranza che nei documenti del Sinodo sulla famiglia della Chiesa cattolica fosse presente un riferimento, per quanto iniziale e parziale, all'attenzione dovuta ai figli vivi e veri di genitori omosessuali. Oggi questa determinazione pare sommersa da chi non guarda per il sottile,ma pure vi è stata ed è opportuno richiamarla, anche agli estensori.
Numerose sono state, infine, e da più parti le dichiarazioni di condanna o allarme su una delimitata e particolare questione, quella della maternità surrogata. Sarebbe fin troppo facile osservare che tale polemica è sorta, esclusivamente, quando il tema in oggetto è divenuta la condizione omosessuale, mentre al contrario , com'è ovvio, questa scelta riguarda in massima parte famiglie eterosessuali.
Pare, al proposito, assai più orientata al bene una visione più prudente ed informata, che ricordi come le leggi non possono riconoscere o bandire a prescindere da una vasta esperienza della vita sociale. Si tratta di scelte certamente discutibili e quindi bisogna discuterle, innanzitutto, e quindi realmente conoscerle. Più in generale, il rincorrersi delle possibilità indotte dalla scienza e dal rimpicciolimento del mondo che rende accessibili scelte senza una raggiunta consapevolezza e normatività in Italia deve indurre alla cautela, all'osservazione, allo studio, nell'interesse, veramente concreto, delle famiglie e dei figli. La Legge Cirinnà contiene sufficienti garanzie a protezione di questa cautela. Vedremo se in queste ore se ne aggiungeranno altre e quali e anche noi come tutti le giudicheremo.
La decisione dell'oggi, 23 Gennaio, sia la presenza, un passo avanti è possibile e necessario. ‪#‎svegliatitalia‬