IL
RISULTATO DEL VOTO IN EMILIA-ROMAGNA. APPUNTI.
Il voto di ieri in
Emilia-Romagna, è importante e , in buona misura, indice di fenomeni
politici nazionali.
Il risultato ha detto due cose, solo
apparentemente contraddittorie.
La prima è nuova e
drammatica. L'astensionismo è "il" dato , enorme,di queste
elezioni.
Si dirà che non è novità. Si sbaglia se lo si
afferma. VIENE DA LONTANO, è fenomeno non solo italiano, MA
NELL'OGGI HA ACCELERATO LA SUA CRESCITA in tale misura da operare un
salto di qualità.
Un livello così alto di distacco fra
Istituzioni, esercizio della democrazia e pubblica opinione è un
pericolo per la Repubblica.
La seconda risultante è
che il PD si conferma, STANDO COSI' LE COSE, l'unico partito di
governo.
Non è cosa da poco, ma è appunto una conferma.
La
frase:”Ora tocca a noi”, pronunciata da Pier Luigi Bersani
all'indomani delle elezioni politiche, venne poco compresa, nelle
polemiche e nell'urgenza del ribaltamento, ma rimane la cifra di
questa fase politica. Siamo dentro un assetto rovesciato rispetto
alla prima Repubblica, che vedeva il confronto DC-PCI, l'alternativa
impossibile rimane (ancora, per quanto tempo?) a destra.
Ciò
comporta onori di vittoria, certamente, ma oneri e responsabilità di
gravità inaudita.
Non sono sufficienti i
problemi tecnici (pure concretissimi, come l'isolamento di queste
elezioni, istituzionale e mediatico) a spiegare l'astensionismo.
Hanno influito più fattori, ma non tutti hanno lo stesso peso
politico. Certamente le ripetute vicende giudiziarie, e gli annunci
insidiosi di nuovi presunti scandali, hanno moltiplicato il disagio,
addirittura il “ripudio” verso la politica, in Emilia-Romagna,
terra di buon governo reale e quindi non "abituata" a
sentirsi alla gogna.
NELLO STESSO TEMPO ha pesato
considerevolmente la lontananza di una parte della sinistra DALLE
SCELTE SOCIALI e ideali dal partito cui si riferisce l' 80% delle
persone di quell'orientamento.
I due fattori si sono miscelati,
uno ha ampliato l'altro, nel determinare in una parte vasta
dell'opinione pubblica orientata al centrosinistra uno "smarrimento"
(questo il termine più giusto) di ampie proporzioni.
“Stai
giocando una partita, posso capire che è una partita importante ma
non è la mia partita” questo è quanto hanno voluto dire numerosi
fra gli astenuti.
“Ci parlate di chi eccelle, di chi vuole
libertà per realizzare, per vincere, ci dite che questi sono il
traino per tutti, ma io che sono massa, giovane, adulto o anziano, e
lo sarò sempre, io da chi sono rappresentato?”. E' questa la
domanda tacita, più o meno consapevole nella mente di tanti.
E' un dato che la
dirigenza del PD deve interpretare fino in fondo, non basta dire che
è stato lanciato un segnale, magari dalla minoranza interna o dalla
CGIL. C'è ben di più. La capacità di capirlo sarà un banco di
prova per Matteo Renzi e la sua squadra, per tutto il Partito
Democratico.
Perchè i due “risultati”
principali non sono contraddittori? E' fin troppo facile ricordare le
tesi di Hirschman per comprenderlo. Se non si appartiene ad un
“quadro” politico senza vedere la possibilità di una alternativa
allora ci si separa, si lascia.
Avviene così che se le estreme
prendono fiato, soprattutto la Lega, come si prevedeva, e un poco
anche a Sinistra dove la somma delle percentuali di Sel e
AltraEmilia, è superiore al risultato delle regionali precedenti e a
quello di Tsipras alle Europee, questo è, per ora, nelle
percentuali. Guardando ai voti validi non è così. Questo non
significa naturalmente che debba rimanere così per sempre, una
tendenza alla radicalizzazione è certamente forte e presente. Si
vuol dire però che ancora non è compiutamente tradotta nelle scelte
politiche elettorali.
Soprattutto in Emilia-Romagna una terra che
da sempre cerca una prospettiva di governo, che conosce l'importanza
della credibilità delle prospettive di successo di una proposta, la
critica e il disagio si indirizzano prevalentemente all'astensione.
C'è, infine, un terzo
risultato. Pochi forse lo riconosceranno, almeno nell'immediato. E'
bene valutarlo, invece, il mondo non e' il PD. Vi sono, nel voto
altri fenomeni molto rilevanti: la grande difficoltà di Grillo e 5S
ed anche la perdurante minorità di un centro conservatore che pure
aveva questioni “ideologiche” da rivendicare come il contrasto
sulla condizione gay e sui diritti civili.
Ma il “terzo”
risultato è la certificazione della crisi ormai verticale del
partito di Berlusconi. Quanto potrà durare la caduta nel baratro di
quello che era un'intero polo di aggregazione per l'elettorato senza
che avvengano cambiamenti radicali in quell'area e drastici mutamenti
nel suo posizionamento parlamentare e verso il governo? Si procede ad
affermare decisione, governabilità, alternativismo e bipolarismo
assoluti e semplificati, mentre uno dei due poli, come tale, non
esiste più.
In sintesi: nel voto di
ieri c'è molto da riflettere, c'è poco da archiviare.