venerdì 20 luglio 2012

Dopoguerra. I bimbi del Sud, le donne d’Emilia.


La guerra è appena finita. Si cerca di sopravvivere, eppure molte donne, in Emilia, hanno già cominciato a “fare politica”.
Hanno cercato di garantire i generi di prima necessità alle famiglie e ai figli. Sono andate, a mani nude, davanti alle caserme, per chiedere la liberazione dei rastrellati. Mentre si torna alla normalità non vogliono rinunciare a darsi da fare. Nella “bassa Italia” (come veniva chiamata) c’è fame, ci sono bambini nelle strade, cagnolini senza padrone. Qualcuna ha un’idea. Portare migliaia di “cinni” del Sud a recuperare cibo e speranza,  presso famiglie disponibili, nel Nord, ad ospitarli per qualche tempo.
L’idea è buona. Si trasforma in uno dei più straordinari episodi di solidarietà popolare che l’Italia abbia mai conosciuto, lo ricorda il documentario: “Pasta nera”. Nelle foto, vicino a quei bimbi, vestiti improbabilmente, che scendono dai treni, si vedono uomini, anche qualche politico.
Ma furono le donne a fare tutto. Non chiesero medaglie e non le ottennero.
Vi furono sacerdoti e zelatori che si impegnarono a descrivere i comunisti del Nord come banditi, pronti a fare colazione dei piccoli viaggiatori. Invece andò tutto bene, come ricordava mia mamma, presente in quei giorni di febbrile amore.  Non era ancora una militante. Aveva pianto, a guerra era finita: i nazifascisti erano i nemici, ma l’Italia della sua giovinezza era pur sempre sconfitta. Divenne comunista, a modo suo, occupandosi di quei bambini. 
Il PCI è stato grande perché favoriva la libera iniziativa della bontà, la creatività del fare mille cose giuste. I congressi, le ideologie, si imparavano dopo, strada facendo. Quando, genericamente, ci viene ricordata l’importanza del volontariato, rammentiamo che tutto questo è stato. Le radici di una terra dove si credeva nel prossimo.

“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R