sabato 12 maggio 2012

Cevenini

La camera ardente è in Sala Rossa, i fiori sono tricolori, si distendono i gonfaloni. L'addio è nelle Istituzioni. E’ naturale che sia così. Il figlio del barbiere di S.Mamolo tutta la vita l’ha spesa in pubblico, con tenacia e volontà di arrivare, senza sgomitare, senza passare sulla testa di nessuno, camminando a lato della politica dei discorsi importanti e dei gossip meschini, delle ...grandi battaglie e delle faide spietate. Esserci sempre, mai così dentro, però, da perdere la leggerezza. Una natura, non una tattica. La tua crisi, Maurizio è iniziata quando hai dovuto incrociare l’autostrada dei massimi onori, delle massime responsabilità. Pochi come me possono dire della tua ritrosia profonda a candidarti. Io sapevo il tuo valore e, talvolta con poca grazia, ti spronavo, come altri amici. Decidesti di andare avanti, di tentare, già provato dalla fatica di contare e ricontare ogni giorno le tue capacità, di mettere fuori la porta di casa, ogni giorno, i tuoi passi, uno avanti all’altro, nell'angoscia della responsabilità, dopo tanta avventatezza che aveva colpito Bologna. Dopo, tutti sappiamo, la malattia, il ritiro, poi una prova muta, che segnava le linee del tuo viso. L'amarezza della perdita di un obiettivo diventava il senso del vuoto, un conto con se stessi e gli altri che non ritorna pari, mai. Eri uomo di partito, la tua campagna erano i parterre delle Feste. Il sostegno dei tanti finì per contare meno della fatica di ridarsi una prospettiva, di fronte a tutti. Nessuno dovrebbe affrontare da solo la stretta del cuore che non passa, il sale della lacrima che non sgorga. Serva a noi la lezione. Impariamo, dalla tua storia, a fare sempre, per primi, il gesto di un abbraccio, di una domanda, a non allontanare lo sguardo, a non pensare che il prossimo abbia altri occhi. Altre mani. Ha sempre le nostre medesime. La sua vita, la tua Maurizio, è, e sarà, nella nostra vita. D.F L'Unità E-R 12 V 2012