domenica 12 febbraio 2012

Guido.

Aveva passato il tempo tragico della guerra, maturando la fermezza di un'altro pensiero, un'altra fede, di libertà, opposta alla ideologia bruciata dell'adolescenza.
Decise di stare con chi voleva fare nuove tutte le cose, con i lavoratori divenuti protagonisti, cittadini, a Bologna, comunità della democrazia.
Ma, ecco la sua differenza, derivò dalle prove una laicità via via più forte. Bisognava militare ma con il coraggio di “relativizzare”, dimettendo la rassicurazione dell'obbedienza, anche al bene.
Seppe diventare un uomo delle Istituzioni, da Palazzo d'Accursio alla fondazione della Regione, all'Europa. Un impegno appassionato, con un'energia di ideazione e realizzazione mai indebolitasi, fino al miracolo di una vecchiezza carica di pensiero e di iniziative. Ogni sua battaglia conteneva l'analisi, la critica, era una strada votata al dibattito, all'autonoma testimonianza di una propria individualità. Per decenni aveva sottoposto al vaglio del riformismo la sua parte, battendosi per scegliere il presente. Poi, con una coerenza che va capita per intendere la sua personalità, negli ultimi anni ha cercato intelligenze più radicali, per opporsi al rischio dell'anomia, all'oscuramento dei diritti e della partecipazione.
Parlavamo con Guido Fanti comprendendo che ci avrebbe lasciato un'idea, un'impronta. In questi giorni freddi guardiamo le impronte sulla neve che ci è stata restituita. Presto scompaiono all'aria del tempo. A noi tenere nella memoria, la traccia di Guido, guadagnare il suo permanere, misurare i nostri passi incerti anche sul disegno del suo percorso.

"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R 12 II 2012