sabato 5 novembre 2011

A Bologna si può fare.

E' luogo comune che mentre altre città nel decennio scorso hanno ricostruito la propria immagine, innovato e realizzato, Bologna sia diventata la capitale del ristagno.
Gli esempi internazionali, che ci sono stati scagliati addosso come corpi contundenti, sono noti: Lione, Valencia, perfino le metropoli della Cina in avvicinamento. Altrettanto noto è l'esempio in Italia. E' Torino. Dalle Olimpiadi del 2006 si è detto che Torino dimostrava che “se si vuole si può”, dell'inutilità delle doleances dei Comuni contro i tagli e la mancanza di una vera concertazione Governo-Città..
Ma chi esemplificava? La Destra, contenta di stornare i “j'accuse” dal Governo e dalle sue forbici. Anche certa Sinistra, quella Sinistra executive che spesso chiede il fare, il fare a tutti i costi.
Purtroppo il senso comune non è quasi mai buon senso.
E' stata rilanciata in questi giorni la notizia che Torino è la città più indebitata d'Italia. Il default è un rischio reale. Il nuovo Sindaco Fassino dovrà operare in condizioni proibitive.
Le Olimpiadi sono una bella cosa, l'immagine internazionale un obiettivo per tutte le Metropoli. Meno giustificato è il ricorso all'indebitamento e a strumenti finanziari del genere spendo oggi, pagherò gli interessi domani e dopodomani e così via. Non si vuol dire che Torino a falklito, ha fatto molte buone cose ma i problemi dell'epoca raggiungono anche i miti.
E Bologna, cosa c'entra? Non è forse anche la nostra città alle prese con problemi drammatici di sostenibilità dei propri servizi? Non si vorrà dire che non ci sono stati ritardi ed errori, qui, per esempio sulle infrastrutture? Non è la nostra idea,. Tuttavia gli anni del “grande sonno”, gli anni dell'incertezza e della caduta dell'immagine di Bologna vanno profondamente ripensati.
Se il mandato Guazzaloca si dimostra sempre più quello delle scelte sbagliate (una su tutte il Civis al posto del Tram) gli anni da Vitali a Cofferati hanno visto almeno tre cose che vanno ribadite.
I)La rete dei servizi è rimaasta in piedi, la più vasta d'Italia, mentre cambiavano enormemente i quadri sociali, basta pensare all'emigrazione. II)La riconsiderazione delle reti societarie partecipate, dalla dismissione delle Farmacie al consolidamento di Hera è stata pensata in tempo e condotta, fra luci ed ombre, in modo da garantire livelli qualitativi non indifferenti.III)Non si è utilizzato lo strumento finanziario per legare il cappio alla città in cambio di una immediata capacità di realizzazione.Qui siamo a svolte obbligate, difficili: la sussidiarietà, il nodo dei trasporti. Ma qui “si può fare” perchè l'hardware non è stato scassato, il capitale d'intelligenza dell'intervento pubblico locale è rimasto alto.
Il moderno cuore pubblico: è questo che batte ed è la forza più grande.

“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
l'Unità Emilia-Romagna
5 11 2011