martedì 31 maggio 2011

Giovanni Giudici.

Giovanni Giudici, il poeta. Lo accompagnavo, nelle sue visite a Bologna, sotto braccio. Si muoveva a passi piccoli, incerto già allora, primi anni '90, del suo tempo futuro. Un giorno il cammino iniziò dall'albergo, fece sosta al Gramsci, in via Barberia, per mandare un Fax a Grazia Cherchi, poi, lo spazio di un cortile da attraversare, si concluse da Michele Serra, nella redazione di Cuore.
Il fax conteneva un pezzo di una poesia nuova. Me lo aveva letto in Hotel e voleva il giudizio mio e poi della Cherchi, mi disse, scherzando. In un incastro di linguaggi disegnava, quel frammento, l'intero simbolo di una educazione cattolica.
Era il ricordo dell'ammonimento di un confessore di collegio, una bonaria e dedita autorità, teso a spiegare che " piccirì vui non avite a ragionà co a' capa vostra" per non disperdere le fallaci menti giovinetti nei misteri della transunstanziazione, il farsi vero sangue e vero corpo di quel vino e di quel pane nel miracolo della Comunione..
Erano versi belli, gli dissi, unendo al giudizio qualche racconto su Lutero e Zwingli- la strana bestia protestante lo interessava. Giudici era contento. La vecchiaia lo spaventava e la morte. Ma l'età gli faceva gli occhi piccoli, capocchie di spillo, diamanti dell'intagliatore. La sua arguzia era arricchita dallo sguardo in attesa. Chiudere, sentenziare con un sussurro, ridurre l'altro a oggetto, sapeva farlo e lo faceva. Ma la superiorità appena esibita si fermava, poco dopo, con gentilezza, con l'eleganza di ascoltare.
A Serra consegno' un foglietto, versi o definizioni, credo, e mi presento' a Lui, che conoscevo, come "Il Ferrari", uno caro a Lui e che gli voleva bene, ma non comprendeva appieno la sua grandezza, non lo collocava come meritava. Dove? Non negli organigrammi di una conferenza. Tante ne tenne, a Bologna, con Casadeipensieri e con il Gramsci in quegli anni. No, la collocazione imperfetta era quella alberghiera. Giovanni lamentava l'Hotel ("bene , ma per una notte sola, non più") o la ristorazione ( "astice era, non aragosta").
E chiedeva fino a provocare la pazienza ntizia del compenso, sempre limitato per altro, unendo l'insistenza con l'elenco di beni e sostanze che gli arrivavao, o non gli arrivavano, in quel periodo, articoli per i quotidiani, un'incarico assessorile, nella terra natia, dove stava completando il ritorno proprio in quel mentre.
"Io assessore? Per prima cosa ho detto alla segretaria di rispondere alle lettere solo dopo 60 giorni, così buona parte avrà già desistito. Una replica? altri 60 giorni..."
Invece era un uomo preciso, aveva sempre lavorato per vivere. Era arrivato alle grandi amicizie, quelle dell'Olivetti, Pampaloni e Volponi, quelle di Milano, Giansiro Ferrata, dal "basso" per così dire, affermando in quei cenacoli, negli anni, dopo lavori di ufficio e di redazione, un'inaspettato, assoluto talento di poeta. La sua poetica , che iniziava da una ricercata familiarità con il linguaggio di Saba, comprensibile, nel secolo per i temi ma distante da sperimentalità chiuse, si era arricchità di una pluralità di riferimenti, di prove di erudizione e di memoria. La sua vicenda intima, la mancanza del padre, l'educazione nella terra a lui straniera di una religione, l'aspirazione alla pace e alla giustizia, si ritrovavano nella sua "vita in versi", con uno stile riconoscibilissimo, sempre, avvicinabile, chiaro ma ricchissimo di difficili svolgimenti. Giudici, a me così appariva: il modo aristocratico, la vita borghese, l'aspirazione egualitaria del popolo. e queste classi in conflitto, impastate invece in un'unica personalità lo rassomigliavano a una città com'era ancora Bologna, allora. Gli piaceva e a molti, e bravi poeti di Bologna, piaceva Giudici. Poeti come Alberto Bertoni e Giancarlo Sissa. Quando Paolo Volponi mi dette il suo numero di telefono, ed inizio' un rapporto frequente fatto prima di particolari organizzati e poi di lunghi dialoghi su tutto, la traccia di una conoscenza si uni' a quella viva con questi poeti e con la città.
Un poeta senza scuola, ma con tanti allievi fedeli, in una città distante dalle sue rive liguri e dalle città del suo lavoro, Roma, Ivrea, Torino e Milano.
Una città dove i poeti fra i due secoli non hanno fatto manifesti, non hanno dato troppa mostra di se' ma dove la ricerca di uan qualità vera della parola, senza grido e senza voglia di troppo dimostrare ha condotto molte volte a Giudici.

lunedì 30 maggio 2011

E' svolta.

E' svolta. E' svolta vera. E' sconfitto il più pericoloso regime antidemocratico che l'Italia Repubblicana abbia conosciuto. Berlusconi, che non ha maggioranza politica in Parlamento, si deve dimettere. Lavorare da oggi per un grande schieramento di rinascita costituzionale.

sabato 28 maggio 2011

Prima di tornare nella vecchia bottiglia.

Bologna democratica non si tiene più. Ci davano per agonizzanti siamo ridiventati esportatori di libertà, scivolavamo tra i provinciali, siamo internazionalisti. Prima il Pullman a Milano per aiutare Pisapia, ora il Sindaco Merola che va in Abruzzo a sostenere la parte giusta nei ballottaggi.

Se in Islanda hanno bisogno, eccomi pronto! C’è chi si adonta e chiede sobrietà, anzi ci chiede di camminare a occhi ancora bassi. Ma lasciamoci vivere! Abbiamo nei denti ancora i fili della cicoria, perché non ci lasciate allargare un po’?.

Certo potremmo andare più vicino. A Rimini c’è il nostro Gnassi che combatte. Ma, in fondo, a Rimini ci andiamo sempre. Che souvenir potremmo comprare? E per vedere le turiste è troppo presto. Allora meglio sognare. Propongo che Maurizio Cevenini raggiunga il Chapas per insegnare al Subcomandante Marcos a dipingere il passamontagna con i colori della squadra locale. Propongo che Zacchiroli raggiunga la Puerta del Sol per dare il cambio agli “indignados” più provati. E Amelia, fino ad ora ristretta nell’ambito dei the casalinghi? Si dedichi al soccorso in alta quota ai contadini andini in lotta. Il tappo è saltato, zompiamo da un qui ad un la’, ovunque serva il raggio del nostro modello. Prima che ci rinchiudano. Dentro la vecchia bottiglia.

“Il contrario”
di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna

giovedì 26 maggio 2011

Giovanni Giudici

E' morto Giovanni Giudici. Una ventina d'anni fa siamo stati amici. Per un breve periodo amici veramente. Forse ho sbagliato davvero tutto. La passione per inseguire ogni frammento dell'impegno politico...la vita non può diventare due vite..quanto tempo avrei dovuto dedicare alla sua vecchiaia ironica, capocchia di spillo, diamante del tagliatore... invece ho perduto il mio tempo.. e poi la malattia lo ha sottratto alle conferenze, alla scrittura, alle amicizie. Io ho il suo numero nell'agenda di Volponi, le foto di Pecos, la sua voce in memoria...

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sabato 21 maggio 2011

Via, col vento dei pullman.

Tutto cambia. Dopo la lunga e felice notte di Virginio Merola vincitore, dopo quel primo turno che ha chiuso la partita, noi, i democratici, che prima riconoscevi per le rughe profonde dell'ansia sul viso, camminiamo dando calci ai sassi e fischiettando.

Viaggiamo anche. E' un fiorire di pullman. Si va a Milano, per aiutare Pisapia, si va a Caorso, per dire che il nucleare è superfluo, dopo le 14.000 preferenze di Cevenini.

Persino i critici, i rancorosi, i melanconici, quelli che impazzavano prima del voto, si riavvicinano, o tacciono.

Anch'io andrò via col vento, in pullman. Come da ragazzo. Se evito gli specchietti salendo, quasi quasi mi scordo l'età. A Caorso ci fui, in una marcia dispersa nella campagna, per la pace e contro il nucleare, anni, secoli addietro. Le scelte politiche fondamentali, in Italia, sono come le scorie atomiche: per risolversi impiegano millenni.

Abbiamo molte cose da chiarire e moltissime da fare. Ma il primo che, proprio adesso, me lo ricorda lo fulmino. Ci mescoleremo con gli entusiasti, con i semplici, con quelli che non capiscono il punto? Poco male. Chi capisce sempre tutto spesso è solo più antipatico. Sul cognitivo ha le stesse difficoltà degli altri. Adesso festeggiamo e andiamo avanti. "Allora, zitti tutti, ricordate: 'Non è Francesca'? Dai cantiamo!"

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"Il contrario". L'Unità Emilia-Romagna
Sabato, 21 Maggio 2011

www.davideferrari.org
"comèBologna"

martedì 17 maggio 2011

Da oggi. Grazie ai cittadini.

Virginio Merola è Sindaco di Bologna. Grazie ai cittadini che hanno avuto fiducia e saputo scegliere. Grazie a tutti coloro che hanno comunque espresso il loro voto, una scelta oggi , purtroppo , non più scontata. Da domani si deve lavorare per coinvolgere tutta la città, assicurare un governo buono e vicino, per ridurre i gravi fenomeni di dispersione di forze, di annullamento delle volontà nel rancore e nella lontananza, per far ritrovare a Bologna il suo ruolo in Italia ed in Europa.


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lunedì 16 maggio 2011

Bologna. L'affluenza al voto. Un primissimo commento.

Bologna, affluenza più alta che non alle regionali e in calo sulle comunali. Innanzitutto bisogna ringraziare tutte le elettrici e gli elettori che sono andati a votare. Bologna vuole uscire da una vicenda difficile e dolorosa, che ha inciso profondamente sulla vita e sull'opinione politica della città. Attendiamo lo scrutinio. Una affermazione immediata di Virginio Merola, l'unico fra i candidati che può assicurare un buon governo, stabile ed innovativo, sarebbe importante, non solo per il Pd e per il centrosinistra ma per la città, per ridarle forza e fiducia. In ogni caso è importante, impegnare tutte le nostre energie per giungere, alla fine di questa lunga esperienza elettorale, ad un risultato vincente e positivo per Bologna e per la democrazia in Italia. Apprendiamo, dai dati finora giunti di una vittoria del centrosinistra a Monghidoro. Se confermati, è una ottima cosa per i cittadini del Comune, governati fino ad oggi da una aggregazione leghista e di destra. Sia permesso dirlo, una piccola "scaramanzia" positiva per il risultato che attendiamo.

Dichiarazione a Radio Città del Capo, DIRE, Corriere di Bologna e L'Unità, lunedì 16 maggio, ore 17,15


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sabato 14 maggio 2011

A partire dal voto.

Si vota. Partiamo da qui. Ancora oggi, alla vigilia, sono non pochi quelli che stanno pensando se recarsi alle urne oppure no. La politica conta sempre di meno, i suoi costi sono sempre più gravosi e inutili, in tasca gli euro sono pochi, quindi, che farne? E poi c'è Bologna. Ce l'ha detto anche Report: più che Cinzia non meritiamo. Troppe ne abbiamo fatte. In tanti, da destra e da sinistra, c'è l'hanno ripetuto. E quando, con le primarie, abbiamo reagito, i più forti di questi tanti hanno cominciato a bombardare. "Ogni giorno banderillas nella pancia del toro, così, anche se vince, avrà bisogno di noi". Il toro sarebbe il PD. La fanghiglia del pressappoco, del superbo nulla, ogni giorno, per la sola colpa di essere rimasto l'unico partito, lo colpisce. Ma me lo avvicina. Scordo le irresolutezze, le piccole trame, gli sguardi di qualche yes man. Penso a questo Pd come lo scoglio ancora sopra il livello dei flutti. Defluendo dalle piazze, importanti, di questa campagna elettorale avrei voluto prendere sottobraccio tutti coloro che dubitano del voto e parlare. Non smettere di parlare. Come se il fiato del civile conversare avesse il potere di scuotere, di spazzare la polvere dai cuori. L'urlo della Lega, l'esibizione del male, ci vuole muti. Vieni parliamo, ti accompagno ai seggi.

"Il contrario”
L'Unità Emilia-Romagna, 14 Maggio
www.comebologna.blogspot.com



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