sabato 26 giugno 2010

Dimenticare

Voglio dimenticare. Mondiali crudeli. Fuori, out. Adesso serve solo l'oblio. Vorrei trovarmi un'hobby (l'hokey su prato da tavolo? La pallavolo con le bocce?) e andare avanti. Forse con un nuovo look sarebbe più facile dimenticare Pepe e Iaquinta. Se mi vestissi alla moda Emo? Ho pensato, dopo la Slovacchia. Ma non ho abbastanza capelli per farmi il ciuffo liscio liscio sugli occhi e il naso.Potrei diventare un punk, mettendo tutti i radi rimasti al centro in una cresta. Ma Chiellini vale tanto?
Abbiamo dispensato gioie a chi non l'aveva mai avute. La Slovacchia! Ahi! Aveva ragione Francesco Giuseppe a volerla tenere dentro il suo Impero.Che li fanno a fare questi staterelli? Per eliminare noi? Un tempo era tutta scogli e alpi, remota perla adriatica, adesso ci gioca e ci vince. E la Nuova Zelanda? Fino a ieri solo pecore e Maori in canoa, oggi giocano meglio di Cannavaro e Camoranesi, i maledetti. E il Paraguay? Terra di "riduzioni" gesuitiche, di pianure infinite, di genti ignote. Fino a ieri cercavano di nascondersi nelle sue sconfinate oscurità i reduci nazisti, oggi i suoi Chicos ci fanno gol.
Ormai per vincere dovremmo incontrare l'Isola di Mann o le Tonga. Forse.
Dimenticare, dimenticare.Ma come si fa? Invidio i pakistani che non si sono accorti di nulla, sempre intenti a giocare a cricket. Solo per lavare i loro nivei vestiti all'Inglese passa una settimana e la Domenica appunto si gioca. Ecco fatto. Così Buffon non saprei più se è un grande portiere o un improperio di un veneto.

E senza il calcio mondiale di cosa parlare, dopo, con una donna sicuri che ci ascolti senza rispondere, senza contraddirci? Toccherà tormare al dialogo, ai regalucci, senza scuse, poveri noi.

E, senza le partitissime che giocheranno solo gli altri, chi staccherà la testa dal lavoro che non c'è e dalle cantilene di Bondi e dai monosillabi della Gelmini?

No non dimenticherò, è tutta colpa vostra, Gilardino e Gattuso, Marchetti e De Rossi. La prossima volta largo ai giovani e Lippi in tribuna, con la coppa del 2006 in braccio.


Segnali di fumo
rubrica di Davide Ferrari
Quotidiani Epolis

Abituati

Il mondiale è finito. Non sento molte grida di dolore. A Bologna, a Ferrara, a Modena, dove giro io, dai bar ai taxi agli uffici, l'accaduto dispiace a tutti ma non più di tanto.
Forse perchè questi modesti azzurrotti in fondo si sono impegnati. Era la palla ch'era troppo rotonda. E' andata, più di così non si poteva. Non si cava sangue da una rapa. E poi la testa pensa altrove: alla crisi che morde, al lavoro che si è perduto, ai figli che, uno decente, non lo troveranno mai. Fatto sta, la gelata infinita, i silenzi boreali del dopo Corea non si sono avuti. Non si sente l'eco di un solo suicidio, per fortuna. L'angoscia del dopo partita si è stemperata in fretta in un clima di delusione soffice, uno strato di malinconia aggiunto a tanti altri.Non credo che i giovanissimi di questo presente ricorderanno il piccolo disastro come un attimo indelebile, rappreso nella memoria.
Da oggi, in questa estate povera che ci attende, le donne saranno meno sole, senza il calcio della TV a rapirgli i mariti. E i nostri ragazzi potranno fraternizzare ai giardinetti con i pakistani che, beati loro, pensano solo al cricket. Anch'io faccio così, dopo Caporetto mi sembra bello anche il badminton.
"Attilio: Siamo più maturi" dico all'ARCI Benassi di fronte a un'acqua e limone schivadiabete. "No. Siamo più abituati. A essere gli sconfitti".

"Il contrario"
rubrica settimanale di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
Sabato 26 Giugno 2010

mercoledì 23 giugno 2010

Mondiali, trombette, formule.

Segnali di fumo
Di Davide Ferrari


Parliamo dei Mondiali di calcio. Non della squadra italiana, però. Non sfidiamo la scaramanzia. In fondo se non vanno in gol su azione non è colpa loro. E’ il frastuono delle trombette sudafricane, le “Venezuela” come le chiama mia zia, che sfuoca la mira. E poi siamo dall’altra parte del mondo. Credevamo, come gli antichi, che per tirare su bisognasse tirar giù. Permetterete che bisogna prendere un po’ di misure a questi Australi. No, parliamo d’altro, addirittura di tecnica. “Quattro-quattro-due”, cioè 10, “Quattro-tre-due-uno”, sempre 10, e “Quattro-quattro-tre”, e qui arriviamo a 11, (con quattro portieri?). Non ne capiamo un gran che. Ma, credeteci, questi schemi, formulati esattamente così, li abbiamo sentiti in bocca a fior di giornalisti sportivi e di telecronisti. Ho paura che non ne capissero molto nemmeno loro. Li snocciolavano prima dei Mondiali e continuano ora a sputacchiarceli, in ogni occasione. Li declamano come una giaculatoria, come sgranassero un rosario. Sembra che una formula , se è buona, sia più miracolosa di una crema sciogli-pancia di Wanna Marchi, di un “Win for life”, di un comizio di Borghezio.
Prevarrà il tattico, il Mister, che azzeccherà la formula, che la farà ingoiare meglio ai suoi ragazzi. Si sa, quasi tutti, di tutte le squadre e di tutti i continenti, sono lucidi e muscolosi ma un poco refrattari alle lavagne.
Se non bastano i giornalisti, gli eredi delle chiome ramate di Biscardi ecco pronto a ricordarcele l’esercito parlante degli ex calciatori. Ex-campioni ed ex-vicecampioni, ex-ali ed ex-mezzali. Un tempo stavano chiusi in un mutismo contadino, oggi, borghesi, parlano e parlano.
Ma, ecco il guaio, sentenziano imitando i giornalisti, il loro eloquio da bar, le loro iperboli sgangherate. E le loro formule. “Vedrete, Marcello (sarebbe Lippi) farà su il 4-4-1-1”. “Macchè, schiererà il 3-3-3-1”.
Per fortuna “Marcello” non li ascolta. E’ al telefono. Con l’Italia. “Che ci avete? Una punta? E segna anche! E’ della Comacchiese? E adesso me lo dite?”.

Quotidiani Epolis

domenica 13 giugno 2010

Il Congresso del PD di Bologna.

L'audio del II Congresso del PD di Bologna
Sabato 12 Giugno 2010

http://www.radioradicale.it/scheda/305654/secondo-congresso-del-partito-democratico-di-bologna

Se il collegamento non è possibile dal link, potete copiare l'indirizzo qui sopra e incollarlo sul browser, quindi cliccare dal browser e collegarvi così alla pagina del sito di Radio Radicale contenente la registrazione del Congresso.

sabato 12 giugno 2010

Motivo in più.

"Il contrario"
di Davide Ferrari

Motivo in più

Oggi a Bologna, il PD è a Congresso. Già votato nei Circoli di base, con larghezza di esiti, il nuovo Segretario, tutto è tranquillo, normale, congressuale appunto. “Che ci avrete poi da fare lì, tutto un giorno?”sbotta l’Attilio del Benassi. “Ma il bello dei Congressi-gli dico- è proprio questo, ti ritrovi in una grande sala, fra gente che conosci, hai l’impressione che i problemi fuori, almeno per qualche ora siano tra parentesi”. In epoché, come dicevano gli antichi greci.

“Ecco -insiste - stavolta bisogna fare il contrario. I voti ve li abbiamo già dati, bisognerà che pensiate a come siamo messi”.

E’ vero, già Lunedì un’ orgia di problemi cadrà addosso a questo partito bolognese .

Se le cose andranno male sarà buio fitto , non solo per il PD ma per la città, anche se forse non lo sa. E c’è un motivo in più per evitarlo.

Di questi tempi, a Bologna, basta avere la febbre, stare un po’ male e subito “Bologna capitale” il partito a microonde di Corticelli, con l’amico industriale Giatti, ti si vuole subito comprare. Come per il Duse. Non vorrei toccasse anche a Via Rivani. Chissà, ne farebbero uno show room per condizionatori e pannelli voltaici. Quindi in campana, cervelli svegli, stare bene per forza, e, in ogni caso, sorrisi ed ottimismo.


"Il contrario"
ogni Sabato su l'Unità Emilia-Romagna

venerdì 11 giugno 2010

Parlando, al bar, di marea nera.

Segnali di fumo
di Davide Ferrari


Parlando, al bar, di marea nera

“La falla, anzi le falle, dal pozzo della BP nel Golfo del Messico continuano a vomitare petrolio nell'Oceano. Non se ne vede la fine. E' il disastro ambientale più grave della storia”. Lo dico, a voce alta, come se parlassi al mondo intero. Ma sto guardando questo mare immenso che diventa nero, ucciso dal denaro e dall’avidità, da un tavolino di un bar in Piazza Maggiore a Bologna. Non posso tacere. Siedo solo. Cerco di avvertire del pericolo i tavoli vicini, una Signora cecoslovacca, un cameriere del Pakistan e una gentile giovane moldava, Maria. Soprattutto quest'ultima. E’ caruccia e poi, mi pare, è anche di Sinistra. “Solo una cosa si è capito -insisto- che nessuno vigilava, nessuno preveniva, nessuno ora trova una soluzione.”
Maria è d’accordo, il cameriere scuote la testa, la cecoslovacca aggiunge zucchero nel The.
“La colpa è della British Petroleum, non c'è dubbio- aggiungo io che ormai so tutto- anche il nuovo governo di Destra inglese prova a spalleggiarla. Ma il problema è che l'economia e la sicurezza del mondo intero sono in mano a compagnie private e che nessuno Stato, nemmeno gli Usa, può e sa fare qualcosa”.
E concludo: “Quale democrazia può mai esistere se le cose vitali sono in mano a pochi e soli? “
Il discorso interessa. Mi aiuta con le traduzioni un vecchio habitué della piazza. Sembra il tizio col papillon del “Vecchio frac” di Modugno. Ha anche i gemelli ai polsini, gialli, un po’ kitsch, per la verità. Pian piano si allarga. Parla quasi più lui, e un po’ mi infastidisco. “Nessuno sa come finirà -sentenzia- e infatti cercano di parlarne il meno possibile. "Can non mangia can", così si dice, ragazza mia, ed i padroni della stampa stanno con la BP evidentemente”.
Maria lo ascolta, non mi guarda più, le fonde il cucchiaino di cioccolata nella tisana.

Poi l’amico stringe e chiude il discorso:"La Cancellieri devono mandare a prendere l'olio nero"- sorride. "Altro che Obama". E va via, finalmente. Ci resto male, diciamo la verità. Per fortuna che c'è la compagna moldava.

"Segnali di fumo"
Rubrica di Davide Ferrari
"Il Bologna" e Quotidiani Epolis

giovedì 10 giugno 2010

PD: DIVENTA DAVVERO QUELLO CHE SEI

A fine Congresso del PD di Bologna, un contributo congressuale.
Sulla vita dei circoli.
Un'altra punto di vista per parlare di partecipazione e di vita democratica nel PD.
E' un tema da far vivere dopo il Congresso, con poche parole, una scelta, il fare.



PD: DIVENTA DAVVERO QUELLO CHE SEI
Il partito ed i Circoli.
Poche parole, una scelta, il fare

I Circoli, le unità di base del nostro partito sono la prima linea, dove si avvertono prima i segnali: la crisi di credibilità della politica, la disaffezione, la flessione del numero degli aderenti e dei più impegnati fra loro e la difficoltà nel miscelare le culture e le esperienze, molto diverse, che erano giunte e sono nel PD.
Occuparsi dei Circoli, definirne con precisione e realismo il ruolo, sostenerne l’azione ogni giorno non è un compito burocratico o dei soli uffici organizzativi, deve essere un impegno prioritario delle leadership, delle principali figure responsabili, nazionali e locali.
Perchè questo avvenga bisogna compiere una chiara scelta politica: volere un partito di uomini e di donne, diffuso e radicato, basato sul confronto e la discussione, sull’agire insieme e non un partito di pura opinione, elitario , che viva solo di momenti elettorali interni e troppo ripetuti.
Com’è assodato comunemente non c’è contrasto fra un partito popolare, con sedi stabili e vive e un partito capace di fare campagne, di uscire nelle strade con gazebo e banchetti.
C’è invece un profondo contrasto fra un partito basato sui Circoli, sui Forum, sulle reti territoriali, ed un partito che vive di staff personali e di decisioni sempre più demandate a pochi e soli, e semplicemente trasmesse ai circoli.
Intervenire con, su e per i Circoli non è dunque una ovvietà su cui facilmente si trova un vasto accordo, ma la coerente conseguenza di una decisione importante, ancora tutta da compiere,che chiarisca una parte rilevante dell’identità del PD: quella di costruire un moderno partito fatto da centinaia di migliaia di persone, un partito opera collettiva, “vissuto”, “abitato”, capace di innovazione politica ,di costruire un’opinione consapevole ed anche fare opinione proprio perché robusto e credibile per i suoi caratteri ampi e popolari, proprio perché robusto e credibile per i suoi caratteri ampi e popolari.

Un PD che abbia radici è una necessità anche per motivi che vanno oltre l’interesse
di partito, è una parte importante di una risposta ai fenomeni di depoliticizzazione e di “cittadinanza passiva”, ai quali occorre reagire assumendosi la responsabilità di promuovere capacità e responsabilità diffuse di ricerca intellettuale, di allargamento delle conoscenze civili, di un impegno che affronti la crisi della politica che è anche crisi della democrazia e dei suoi strumenti. In fondo il ruolo che ai partiti affida la Costituzione. Senza riaffermarlo in forme nuove, accanto a nuove soggettività, è imprescindibile per difendere lo spirito della Costituzioni ed i diritti che afferma.

Si stava meglio quando si stava peggio? Eravamo più forti prima della nostra esperienza in corso, almeno dal punto di vista organizzativo? La domanda circola, per le difficoltà presenti ed anche per la memoria di un patrimonio pluridecennale che non va smarrito, ma la risposta deve essere negativa. No, abbiamo oggi più forze e più qualificate di ieri. Il PD è costituito anche e rilevantemente da generazioni nuove, da membri di un ventaglio ampio di ceti sociali e professioni.
Si deve e si può invertire il processo in corso di allontanamento delle nuove presenze, i tanti che si erano registrati come fondatori che lasciano con o senza polemica, con o senza distacco elettorale. Si può, facendo leva sulle competenze potenziali di tanti iscritti e sulle iniziative positive che spontaneamente esistono. Sono loro i tramiti, il nuovo che può riconoscere e coinvolgere il nuovo, per recuperare ed estendere i contatti, riaprire la nostra attività alla società reale.
I compiti di direzione, e di rappresentanza, nei circoli, sono oggi, infatti, in molte realtà assicurati da persone di generazioni più recenti, ma non sempre a questo corrisponde un impegno preciso per la modifica profonda dell’iniziativa dei Circoli che resta legata, prevalentemente a modalità paraelettorali. Si evidenzia un restringimento dell’attività nella società che amplifica i fenomeni di distacco dal territorio già presenti nei gruppi dirigenti.
Le Feste sono, in questo contesto, ancora quasi ovunque l’unico momento dove si allargano le responsabilità condivise, si hanno impegni e mete da realizzare e si apre un dialogo con il territorio.
Tuttavia la grande ricchezza delle Feste segnala, nel rimanere quasi unica, tutt’intero il problema della mancanza di altre iniziative, nel corso dell’anno, di una mancata riforma capace di coinvolgere il partito nell’interezza delle forze e delle potenzialità che erano apparse al momento della sua costituzione.
Questo PD originario viene spesso evocato solo ideologicamente, mentre è mancata la costruzione di un partito organizzato capace di interpretarlo.
Non c’è uno spirito originario da riproporre a prescindere dall’evoluzione del quadro politico e sociale, c’è invece una vera e propria cultura moderna dell’organizzazione da incontrare e rendere cosa viva.

Cosa deve fare un Circolo oggi

Un Circolo è chiamato a svolgere tre funzioni fondamentali:
1)Essere Luogo politico, unità di base, elemento capace di promuovere discussione, formazione e decisione sulla situazione politica, sede di espressione di volontà su programmi, dirigenti e sede di votazione sulla candidature e sugli incarichi.

2)Essere comunità in azione, nel praticare una socializzazione effettiva e non ricreativa, nel diventare elemento importante nella vita di chi sceglie un impegno costante e rilevante e accogliente anche per chi sceglie un adesione più leggera, in termini di tempo, fino all’occasionalità. Lavorare insieme, dunque, imparando e trasmettendo ciò che si è appreso, unendo generazioni diverse, dai giovanissimi agli anziani e soprattutto , in una profonda osmosi con l’ambiente nel quale si opera raccogliendo stabilmente, oltre agli iscritti, i contributi di chi non vuole appartenere ma vuole associarsi a idee, a fatti da realizzare. Il circolo deve diventare un riferimento delle attività sociali e culturali presenti sul territorio,offrirsi anche come sede fisica per chi opera per il miglioramento della città e dei paesi.

3) Produrre una progettualità autonoma, non solo esecutiva e/o per campagne impostate centralmente.
Il Circolo deve essere in grado di produrre non solo pareri su fatti nazionali o comunque generali, ma di elaborare proposte riguardanti il proprio territorio, punti di progetto ampi e anche punti riguardanti singole urgenze, precisamente individuate e essere in grado di portare avanti le proprie proposte, fino a determinare cambiamenti concreti e riconoscibili nel territorio.
Ad ogni funzione devono corrispondere poteri decisionali, chiari e non velleitari, ma reali.
Per svolgere bene ognuna delle tre funzioni è necessario avere sedi adeguate, sufficientemente vaste, non solo uffici, e dotate di una serie di strumenti comunicativi moderni e fruibili.

Circoli telematici, sì, ma in tutti i circoli ci vuole una attività telematica

I circoli telematici, dove gli iscritti siano uniti via Web, su piattaforme autonome oppure mediante l’utilizzo di siti già esistenti, sono strumenti utili, anzi necessari, che devono però passare velocemente da prototipi a modalità effettive, con la capacità di promuovere forme di adesione parziale, o evento per evento, sul modello di Facebook ad esempio, di mettere in campo vere iniziative e di garantirsi un autofinanziamento.
Il primo passo da compiere è quello di verificare con attenzione ed ampliare le esperienze già in essere. Ma, se ci vogliono i Circoli esclusivamente presenti in web, tutti i circoli devono sempre più avere una propria vita in tete che si svolga su tutte e tre le funzioni che abbiamo sopra indicato.

Circoli tematici e “centri di iniziativa tematici” promossi dai Circoli territoriali

Il Pd di Bologna ha avviato e curato la nascita e l’attività di circoli nei luoghi di lavoro e di un circolo in un settore lavorativo importante come la scuola. Sono esperienze importanti che , insieme ai Forum già contribuiscono alla elaborazione programmatica ed anche alla ripresa del contatto e della capacità di rappresentanza del PD.
I circoli tematici vanno irrobustiti curando che la loro attività sia conosciuta in tutto il territorio dell’Unione e che la scelta di iscriversi e di dare attività al loro interno sia nota a tutti gli iscritti e a chi vuole iscriversi.
Nondimeno è opportuno che i Circoli territoriali si articolino in centri di iniziativa a tema e che anche al loro interno vivano esperienze aperte legate a problemi concreti della condizione lavorativa e della vita sociale.

I progetti pilota. Il contributo alla prossima campagna elettorale a Bologna
La qualificazione delle attività nuove ed anche di quelle tradizionali, o essenziali, dei Circoli non può essere promossa solo dall’alto ma può essere favorita da una pratica frequente di scambio di esperienze, a rete, fra diversi Circoli, anche con la promozione di proprie campagne di iniziativa e momenti di verifica e formazione.
Sarebbero particolarmente utili progetti pilota che, a partire da esperienze più forti possano trainare altre situazioni.
La vicinanza della Campagna elettorale per il Sindaco a Bologna deve suggerire l’attivazione rapida di progetti pilota su scuola, lavoro, sicurezza, viabilità, sanità, sicurezza sociale che potrebbero diventare una parte significativa di una campagna elettorale “dal basso”, meno propagandistica e quindi più convincente e coinvolgente.

Un circolo, la rete, la “leggerezza”

Il PD a Bologna è una vasta organizzazione, ha bisogno di istanze di coordinamento e di decisioni che intervengano sull’attualità e la linea.
Non servono quindi Circoli isolati, monadici e proprio per questo ancor più impoveriti, però ogni Circolo deve avere l’autonomia sufficiente per promuovere e garantire partecipazione politica diretta ed anche di eccellenza. La polemica contro l’accusa volgare di essere “una agenzia di mediocri” si può rovesciare con la realizzazione di un agire a rete e non a piramide, dove sia naturale incontrare elaborazioni e pratiche di punta anche, e forse di più, in un nodo della rete orizzontale, come il Circolo. Un partito strutturato, ma a rete risponde, con la pratica di innovazioni libere, suscitate in più luoghi alla necessità di “leggerezza”. Non ci convince un partito leggero, dove non si partecipa, ma è chiaro che bisogna ricercare modi e momenti per partecipare con leggerezza , superando la pesantezza e la direttività , altre facce di un partito elitario.

Organismi di Unione snelli e coinvolgimento vasto

Sono varie le proposte per ridurre il numero dei componenti della Direzione e dell’Esecutivo, presenti in quasi tutti i contributi congressuali, ed in particolare nelle mozioni congressuali presentate dai candidati a segretario.
Il tema è sentito.
Il nostro Congresso di Unione deciderà un significativo snellimento degli organismi di Direzione e di Esecutivo.
Bisogna tuttavia che la richiesta di semplicità ed efficacia degli organismi si unisca alla creazione di più momenti e sedi di informazione e discussione. Un partito vasto come il PD, qui a Bologna, potrebbe non avere automatico giovamento da una riduzione degli organismi ed anzi veder ridotta la loro funzione di collettore di più persone depositarie di esperienze e soprattutto di rapporti sociali, se questa funzione, che d’altra parte non è propria di per sè di un organismo dirigente, non sia svolta da altre sedi, in un raccordo molto più forte Unione-Circoli
Avanziamo tre proposte:
1)L’assemblea dei circoli di tutta l’Unione, di informazione, dibattito e lancio di iniziative esterne;
2)i focus permanenti per la qualità, luoghi, incontri dove sperimentare, confrontare e diffondere le buone pratiche;
3) la formazione permanente, nella consapevolezza della necessità di una formazione costante e mirata, fatta di brevi sessioni, pratica, specifica, almeno per alcune “funzioni obiettivo” fondamentali, come i segretari, i tesorieri , i responsabili Feste e dibattiti di Circolo, ma anche per i promotori di gruppi di giovani, e per le promotrici di gruppi di donne, e di Centri di iniziativa.

Quanti Circoli servono

Non crediamo che sia razionale adeguare via via al ribasso il numero dei Circoli, fotografando le difficoltà invece di lottare per superarle, non è positiva una rarefazione della presenza organizzata e democratica del partito.
Nondimeno lo stesso andamento dei congressi ha messo in evidenza difficoltà di partecipazione al dibattito ed anche alle votazioni e realtà talvolta ridotte quasi a puri titoli. Ed è vero che serve una massa critica sufficiente per far vivere politicamente ed organizzativamente un Circolo.
La vicenda di questi due anni ha dimostrato però che non consiste soltanto nel numero degli iscritti la forza di un Circolo.
E’ urgente una verifica circa la consistenza e la dislocazione attuale dei Circoli, oggi molto disomogenea.
Bisogna rileggere e talvolta ridisegnare la mappa territoriale del partito, con molta attenzione, senza peraltro impegnare il partito nel territorio a un nuovo round di discussione snervante,favorendo ciò che già è maturato dall'esperienza e dalla riglessione "in loco", intervenendo per rivivificare situazioni difficili ma che si ritengano strategiche, promuovere nuovi Circoli o sezioni di Circoli esistenti dove territori vasti siano privi di presenze, ed invece accorpare, in altre differenti occasioni,favorendo, tra l’altro, il principio dell’aderenza al territorio anche nelle scelte, comunque libere, del Circolo nel quale partecipare.

Un nuovo standard da raggiungere.

In sostanza tutte le nostre riflessioni e proposte indicano l’obiettivo di un nuovo standard, qualitativo e non solo quantitativo.
Fondamentale è praticare un rapporto sano e quotidiano fra Unione e Circoli, fatto di interscambio, cura, con meno circolari, meno trasmissioni dall’alto in basso, ed anche di un uso corretto e veramente moderno dei mezzi di comunicazione.
Un centralismo malinteso e burocratico, una vita da ufficio del partito contribuisce a produrre balcanizzazione e correntismo personalistico e non di ispirazione ideale e politica.
Una federalità bene intesa potrebbe invece dare nuova unione.
In sostanza volere un indirizzo rivolto alla crescita quantitativa e qualitativa dei Circoli vuol dire richiamare un principio generale, che riassumiamo in una frase,

PD: DIVENTA QUELLO CHE SEI.

Primi firmatari:
Anna Rosa Almiropulo
Antonio Accattato
Antonia Babini
Davide Barbieri
Susanna Bottazzi
Maria Busi
Nino Campisi
Rocco Cardamone
Otello Ciavatti
Giancarla Codrignani
Aniello D’Auria
Rosanna Facchini
Davide Ferrari
Giorgio Festi
Vittorio Franchi
Gianni Ghiselli
Luca Grasselli
Antonio Iannone
Massimo Meliconi
Giacomo Petralia
Gregorio Scalise
Paolo Staffiere
Laura Renzoni Governatori
Fabrizio Tosi
Micol Tuzi
Daniela Zoboli
Luigi O. Zurlo


Per adesioni e/o suggerimenti
si può scrivere a

Annarosa Almiropulo
aalmi@libero.it

Per chi è su Facebook:
http://www.facebook.com/note.php?saved&&suggest¬e_id=401579962679





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domenica 6 giugno 2010

Bologna, le tre città, la cultura

Bologna è città di chiari e di scuri. E’ immagine dei suoi portici, vissuti insieme dalla socialità e dal degrado, non solo negli anni che ci troviamo a vivere, ma sempre. Bisogna riconoscere la natura della città e, senza negare limiti e lenti movimenti, mai arrendersi ad una visione pigra, avara, tutta in negativo.
La sua produzione culturale resta ampia e strettamente unita ad una frequenza degli eventi culturali, ancora senza eguali altrove. Qui l’eccellenza non si può astrarre dalla quantità. In ogni campo la forza di Bologna è nell’ordito, nella trama delle possibilità.
Una politica culturale fatta di grandi eventi isolati difficilmente potrebbe metterne in rilievo le realtà più affermate, e soprattutto non promuoverebbe le possibilità di nuovo, di ricambio. La prima scelta deve essere allora quella della cura, di una attenzione a tutti i talenti e insieme alla vastissima operosità diffusa.
Non c’è nulla di più provinciale che giocare tutte le carte su poche storie mediatiche scontate e costose, alzare la voce mentre le gambe affondano. Ci sono tre città a Bologna. C’è quella dei “cittadini”, invecchiata ma ancora permeata di una cultura della curiosità, che va ascoltata e non archiviata. Viene poi quella degli studenti, generazione culturale, madre delle idee potenziali, valore aggiunto di intelligenza. C’è, ancora negata, la terza città, quella degli stranieri. Inutile chiamarli, come pure si dovrebbe”nuovi cittadini”, se la loro produzione culturale viene in larghissima misura ignorata.
Quello che dovrà fare il Comune, quando tornerà, sarà coordinare, non sostituire. Basta con Assessori che si credono direttori artistici. Serve una progettualità di sistema, che lavori per sollecitare, coinvolgere, far interagire le tre città che sono Bologna.
E della progettualità dovrà far parte l’esattezza e la credibilità. Gli annunci sono stati tanti, troppi. E’ difficile non dire che le nuove idee più urgenti potrebbero essere innanzitutto il completamento, o l’avviamento, di quanto da tempo atteso. Pensiamo alla città metropolitana, essenziale per la precaria sostenibilità della politica culturale, al distretto multimediale, ai progetti per una urbanistica che punti sull’equilibrio e la bellezza di una città che ha perso abitanti come si perde sangue.
Se proprio dobbiamo lanciare altre parole, questa siano: musica, arte, poesia e giovanissimi. Portare la cultura viva dentro le scuole e l’Università, e trarne non solo formazione ma civiltà. Bisogna investire qui quel che ancora abbiamo. Dare vita e risorse a decine di ateliers dove lavorino assieme generazioni diverse, dove mettano il cuore le istituzioni culturali e i luoghi di eccellenza dell’arte e dello spettacolo, dove rinasca il rapporto maestro-allievo. Ricordo Leo De Berardinis. Non fa moda per un intellettuale parlare di scuola, ne rivela una dimensione minuta? Anche da simili pregiudizi è partita la vite della crisi. Da qui, rovesciando il movimento, si può ripartire.


Davide Ferrari

La Repubblica, Bologna
Domenica 6 Giugno 2010

Ai tempi del cancellierato.

Com’era Bologna nei giorni del cancellierato? Un dì la John Hopkins potrebbe chiedercelo. Era, è, come quando, in vacanza, si resta in città. Distratta, annoiata dal tempo variabile, senza voler pensare troppo. Sembra che non succeda nulla. Anche su Facebook si batte la fiacca. Solo inviti a “pizza e cocomero” e frasi celebri. Dev’essere difficile per i cronisti fare il loro mestiere. Ci sarebbero i congressi del PD, quello di Bologna, per esempio. "Ho letto sulla stampa l’ottavo annuncio dei buoni voti di Licciardello" mi dice zia, alla fermata del 27, davanti alla Nike. "La tranquilla marcia di Raffaele convince. Per questo se ne scrive poco" la rassicuro. Ma la “riscossa civica”, il “governo dei migliori”, ricordate? E i gruppi dei giovani emergenti? Tutto è un po’ nell’ovatta. Ci vorrebbe qualche colpo di scena. Qualche vera notizia. Che so? Cevenini tifa per la SPAL. La “Giovanile del PD” ha tesserato Guido Fanti. "Ma arrivano sulla città i morsi di Tremonti, dalla scuola ai teatri? Ci siamo un po' svegliati", provo a insistere. "Zia, siamo sui pedali, all'opposizione". "Sì ma.. scusa devo andare, mi parte l'autobus". Vuole fuggire? Anche lei? Ho deciso: salgo anch’io, così continuo il racconto. Città non ti mollo.

"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari sull'Unità Emilia-Romagna
5 Giugno 2010