venerdì 2 aprile 2010

Elezioni a Bologna. Voto che va, Congresso che viene.

Cosa ci si aspettava dalle Elezioni Regionali, in Emilia-Romagna? I pareri erano concordi, un calo del centrosinistra a livello regionale, più o meno in linea con tendenze certo non positive, ormai in evidenza da lungo tempo, e un fortissimo calo a Bologna, soprattutto in città.

Purtroppo il calo regionale è stato più accentuato.

Astensione, lista Grillo, Lega, molte le direzioni ma tutte con lo stessa insegna: la sfiducia verso la politica, i partiti programmatici, quelli che chiedono di fare qualcosa, a cominciare dal PD. No, se dalla politica non ci si può attendere nulla, allora, o non si va a votare oppure, a destra o a sinistra, ci si indirizza dove si promette il meno, dove si dichiara di saper tenere fuori i problemi -Lega- oppure che passerà il tempo a controllare i conti -Grillo- anche se degli eventuali risparmi nulla si dice del come sarebbe meglio impiegarli.

In questi chiari di luna è importante che Bologna non sia stata il punto dell’abisso, ed anzi abbia fatto segnare un voto-certo negativo- sia chiaro- ma non catastrofico. Non era scontato.

Ha contato la volontà di parti importanti di una città peculiarmente democratica di non andare dietro sirene demagogiche, comunque conniventi con lo sfascio delle istituzioni. Ha contato anche il gradimento ricevuto da alcune figure. Va considerato senza remore il risultato di Maurizio Cevenini anche perché non è il primo. Ha contato , e molto, la volontà di tenere il partito in campo, portata avanti dal gruppo dirigente attuale del PD. Non era affatto scontata ed anzi i più, fra chi parla sempre, chiedevano commissariamenti di qua e di là. Va riconosciuta. Non farlo per meschini posizionamenti congressuali sarebbe sciocco. E’ scorretto ricordare che comunque tutte le vacche sono nere. Certo il buio è fitto per tutti e sembra così intelligente ripeterlo ed invece in politica bisogna saper distinguere, afferrare bene l’analisi di tutti i punti negativi ma anche dei positivi, fossero pure pochi.

Non fare così invece incrementerebbe tutte le tendenze negative che certo vi sono e che sono apparse anche nella campagna elettorale. Ad esempio la balcanizzazione delle aree ed anche dei territori, ognuno dietro ad un punto di riferimento. Penso al futuro immediato. Al Congresso. Chi vuole rinnovare dovrà chiedere un mandato chiaro e ricevere piena autorità. Servono quindi soluzioni unitarie e basate sulla volontà di utilizzare al meglio tutte le energie e le generazioni. Qualcuno ha scritto che stiamo ballando sul Titanic. Se non si farà attenzione il passo sarà in avanti, sì ma oltre la spalletta, dritti nell’Oceano.

Detto questo , un po’ di cattiveria ci vuole, non solo perché andiamo male ma anche per mettere il sale della critica e rendere più utile il Congresso.

Perché non usare la cattiveria per mettere sotto esame il nostro governo, per esempio nelle città, a Bologna? E’ ancora straordinaria – checché - se ne dica- ma non è capace, da molto tempo di darsi delle priorità secondo un ordine che i cittadini condividano. Si è perduta l’abilità di usare la grammatica elementare dell’azione di governo combinata con la presenza sociale. Quello che ha fatto grande la Sinistra riformista e in Italia il Pci emiliano-romagnolo. Non è poco, è una tragedia.

Non basta andare a vedere il bellissimo film “La febbre del fare” e sognare a occhi aperti.

E’ questo il tema su cui mettere alla prova insieme giovani e vecchi non stanchi. Vedremo, già al Congresso, chi lo farà con più convinzione.

www.davideferrari.org