mercoledì 17 dicembre 2008

"Quando sono arrivati i Vu cumprà a Bologna?"

"Quando sono arrivati i Vu cumprà a Bologna?"
Me lo chiede in treno, (oh legittima curiosità!), una ragazza con il fondo tinta color mattone e l'ombelico intasato di strass.
Comincio a rispondere.
"Se guardi un film a colori di Tognazzi o Manfredi, tutto sembra uguale ad oggi.
Pochi i cambiamenti: non ci sono i cellulari, si telefona dalle cabine con il gettone in similrame da cinquanta lire e, appunto, non ci sono i venditori di colore immigrati
".Aime', lei non conosce Tognazzi padre, poco il figlio, (non le piace), e quanto ai gettoni, quelli della sala giochi sono argento.
"Come mai non li facevate in argento anche quelli?" chiede.
Ma anch'io a ben pensare , ho qualche ricordo confuso.
I cinesi vendevano le cravatte a Mascarella anche prima della guerra e certo facevano le borsette ai tempi della mia infanzia ("Ma non c'entra, non erano Vu' Cumpra'")e i marocchini vendono i tappeti da sempre, ("Ma no, non erano marocchini veri. Erano napoletani travestiti da marocchini. Lo dice anche Totò in un film.").
Ma allora quando è iniziato l'arrivo?
"Con le navi degli albanesi?" S'intromette una signora di Varese che poco prima ha detto che se "non era per la stupidata della guerra, il Mussolini era un grande statista".
"Con la guerra in Jugoslavia !"-suggerisce un ragazzo più vecchio, l'unico di sinistra, mi pare, con me, in tutto il treno.La Jugoslavia? Ma non parlavamo di terzomondi e di magrebini?
"Ma anche in Jugoslavia ci sono gli islamici e le bombe, ha ragione il ragazzo"- torna in campo la varesina.
La ragazzina che voleva parlare con me, che potrei essere il suo prof, ormai si annoia, non ha più voglia di discorsi inutili e sonnecchia.
Rimango solo a pensare.
Quanti immigrati ho visto e quanti ne incontro ogni giorno. Lavorano, puliscono, reggono la baracca.
Ma per noi tutti il punto resta sui Vu' Cumpra', odiati o tollerati, comunque quasi superflui, persone di cui si può parlar male senza pagare dazio.
Ora ho un ricordo vero e nitido. Il mio primo Vu' Cumprà so dove l'ho visto.
In via De' Toschi, dopo piazza Minghetti, metà degli anni sessanta, faceva freddo, tutti avevano il cappotto e a me stringeva troppo la gola. Lui no.
Indossava una specie di grembiule grigio scuro, da magazziniere, aveva due grandi baffi neri ma era basso, poco più alto di mia sorella.
Vendeva limoni, gialli gialli. Aveva costruito con loro un piccolo zigurrat sul muretto accanto alla scalinata che porta ancora al Ristorante Carlo.
Non diceva mai una parola.
Il prezzo era scritto su un pezzo di cartone bianco. Tutti passavano e nessuno gli comprava un limone. Il mercato era vicinissimo.
Solo ai bambini, certo a me , interessava. Guardavo e riguardavo.
Chissà se mi avrebbe fatto fare la piramide con i suoi limoni anche a me.
Aveva qualche capello bianco , ed un giorno scorsi vicino a lui una donna e due ragazzi, con i pantaloni corti ma molto più "vecchi di me". Discutevano fitto fitto e mia nonna mi disse: "Senti sono siciliani. senti?".
Il primo Vu Cumprà è stato un prodotto nazionale.
Forse oggi, proprio ora, i suoi figli stanno sparlando di qualche venditore di borse tarocche, al bar, con una birretta in mano. Come facciamo tutti. Ogni giorno. O no?

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