domenica 23 dicembre 2007

Una strana lettera, figlia dell'antipolitica.

La società "Mina real estate" , che ritiene di non aver avuto risposte dall’amministrazione comunale di Bologna a proprie aspettative edilizie, ha inviato com’è noto una lettera ai dirigenti, ma anche e soprattutto ai consiglieri comunali, per invitarli a votare in modo conforme ai suoi desideri e alle sue opinioni, pena conseguenze di legge.
Questa "missiva" è un atto grave e irrituale. Non si è trattato di un materiale di documentazione, sia pure lobbistico, ma ha avuto l'aspetto di una strana diffida, comunque irricevibile.
Bisogna comprendere come una cosa simile sia potuta accadere, quale clima politico e anche "culturale" l’abbia suscitata.
Il punto sta qui.
Le ragioni ed i torti del costruttore non sono francamente, in questo momento, la cosa più rilevante.
Quello che è più significativo è che il portatore di un interesse privato si rivolga a coloro i quali sono stati eletti democraticamente da una città, quelli che Grillo chiama " i dipendenti dei cittadini", neppure con ordini di servizio ma con inviti a votare come loro prescrive l’avvocato della ditta, altrimenti…..
Evidentemente si ritiene che "dipendenti", i "politici" consiglieri debbano esserlo innanzitutto di alcuni cittadini, i soggetti dell’intrapresa economica, e, in tempi di precaria garanzia dei diritti del lavoro, convenga usare con loro maniere spicce.
Si chiarisce con fatti del genere quanti danni possa provocare l'attacco indiscriminato alla politica.
Un’offensiva che, da reali ragioni, quelle indicate, certo senza alcuna parsimonia, dai libri di Stella, di Salvi e Villone, di Travaglio e tanti altri,, è diventata via via una guerra all'autonomia delle istituzioni democratiche.
Quale autonomia possono avere, restiamo a Bologna, persone definite ogni giorno, da mesi, "cacciatori di gettoni, infingardi commissionari di consulenti fannulloni, accumulatori di doppi stipendi", eccetera eccetera ?
E allora, se autonomia non "possono avere", qualcuno ha pensato che è meglio ricordaglielo.
Abbiamo udito nei mesi scorsi parole diverse ma trasmesse sulla stessa lunghezza d’onda.
Pensiamo alla reazione indignata alle posizioni della Provincia sul progetto Romilia.
Si è arrivati a trattare un’amministrazione come un’ affamatrice del popolo.
E poiché l’erba dei campi agricoli non parla, ha pensato bene di restare muta, in difesa, anche gran parte della stessa politica e della società civile.
Sul metodo, insisto, non sul merito della vicenda, sulla quale è naturale che le opinioni si confrontino.
E oggi raggiungiamo una nuova tappa.
Può darsi che la società Mina sia stata solo più focosa di altri o malconsigliata, ma il perchè del suo agire è chiaro.
Non chiede giustizia o equanimità, come pure sostiene. No, intima alla politica di farsi da parte.
Ma in questo caso la politica altro non è che la responsabilità di governare, di rappresentare l'interesse pubblico e non quello, giusto o sbagliato che sia, di una sola impresa.
Bisogna riflettere, ma anche reagire. Mesi di veleni sull'attività politica e consiliare possono davvero favorire il degrado della funzione pubblica.
Non si può accettare che ogni volta l’asticella sia messa più in alto.
Non c’è colpa della politica, in democrazia, che giustifichi il prepotere di chi ha e quindi vuol comandare.

Da L'Unità, 21 Dicembre 2007