martedì 3 aprile 2007

La Bologna che vogliamo
di Davide Ferrari


I DS di Bologna. Note dal congresso.

Ho partecipato lo scorso fine settimana al congresso dei DS di Bologna.
Sono andato a questo appuntamento contento della grande partecipazione registrata nei congressi di sezioni e anche per il risultato.
In questo momento, con il governo Prodi appeso al filo ad ogni votazione ci vuole unità. Prima di ogni altra cosa. Poi si vedrà.
Sono intervenuto, ho parlato con tanti delegati, di età, esperienza, condizione lavorativa diversa, mi è sembrato che, nonostante tutto, prevalessero di gran lunga la serenità, la voglia di confermare l'impegno e il senso di responsabilità.
Mi sono commosso anch'io ascoltando l'intervento di Katia Zanotti che, in lacrime, annunciava la prossima separazione dal partito.
Katia non è solo una dirigente stimata, di lungo corso e di capacità, è una figura di donna, figlia di una famiglia comunista, che rappresenta -come poche- il senso di una continuità ininterrotta. Per questo è molto amata e stimata.
Mentre tutti la salutavano, mi sono avvicinato a lei dopo il suo intervento e le ho detto "Io oggi non ti saluto. Voglio salutarti per ultimo".
La frase, me ne accorgo ora, poteva avere diversi significati ma Katia ha capito benissimo. Si è alzata dalla sua poltroncina in platea e mi ha abbracciato.
Volevo dirle che ancora mi rifiuto di considerare inevitabile questa separazione.
Ne sono convinto. Se, nel dare vita al nuovo Partito Democratico, DS e Margherita, con le numerose Associazioni già convinte, sapranno rivolgersi e coinvolgere tutti gli elettori dell'Ulivo che vanno ben oltre le loro forze, sono certo che anche molti che oggi dicono di voler fare un altro partito (un altro!!!!!) si potranno ricredere senza abiure.
Troveranno un campo grande dove fare politica per e con i cittadini.
Anche molte preoccupazioni su un Ulivo piccolo, poco laico, troppo moderato, verranno superate dai fatti, perchè il popolo dell'Ulivo è grande, laico e vuole il progresso ed il bene dell'Italia.
Fare il Partito Democratico in tanti, oltre i partiti , è la miglior garanzia contro ideologismi, rissosità, scissioni.
Queste riguardano la vita interna dei partiti, assai meno interessano chi vuole assicurare al nostro paese un buon futuro, salvandolo dall'ignoranza, dalla paura dagli interessi e dalle furbizie di chi oltre al potere del denaro vorrebbe di nuovo avere anche il potere sulla cosa pubblica.
Ho apprezzato molti interventi, altri meno, naturalmente, sono stato colpito dal grande numero di giovani e trentenni fra i delegati.
E' così in tutta Italia: soprattutto fra i giovanissimi ci sono fermenti nuovi, dopo l'apnea degli anni del liberismo e del disincanto.
Il segretario Andrea De Maria, sempre presente, attento e cortese, una persona all'arrovescio rispetto al ritratto preconfezionato del politico che abbiamo in mente, mi è sembrato l'immagine e una realtà di questo "andare avanti".
Tutto bene, dunque?
Quando sono stali letti i risultati del voto, dall'espressione del "segreto dell'urna" è venuto fuori, purtroppo anche dell'altro.
Oltre al voto dei delegati contrari al Partito Democratico, un certo numero di NO è venuto a galla. NO al Segretario e forse No a tante altre cose.
Non mi ha stupito del tutto. Il momento è serio ed importante. Fare un nuovo partito e soprattutto volerlo fare in modo nuovo, con più partecipazione e democrazia, mette a rischio favori consolidati e ruoli, eterni o recenti.
Subito si è scatenata, nei giornali, la caccia ai NO ed alle loro motivazioni.
Per ora mi vengono in mente tre cose da scrivere, poche ma da affermare con energia.
Innanzitutto il Segretario è stato eletto da molto più del 70% dei delegati.
Non siamo in Bulgaria ed una maggioranza così solida ha tutto il diritto che la sua "linea", il suo modo di dirigere, improntato all'unità di tutto il centrosinistra vada avanti senza rallentamenti e legature. Non solo, se davvero sotto giudizio è stato, questa volta, direttamente il Segretario, allora, se i numeri hanno valore, bisogna dire che ha passato con forza la prova del voto.
In secondo luogo il dissenso è sempre legittimo e comunque è un fatto. Non bisogna scervellarsi sulle cause ma continuare a far discutere e lavorare assieme tutte le risorse umane dei DS bolognesi, che sono tante.
Se chi non è d'accordo troverà il coraggio di esprimersi apertamente potrà farsi ascoltare e contribuire a fare ancora meglio.
Altrimenti è giusto che "un trappolone"-così si usa chiamare il tentativo di "impallinare" con il voto segreto, resti un episodio-significativo- ma che non può diventare una proposta, non può pretendere di fermare o far deviare chi ha la responsabilità di garantire una rotta.
Infine, di fronte a tanti commenti, più o meno autorevoli ed informati, del seguente tenore: "E' stato il partito del Sindaco", "No, è stato il partito che è avverso al Sindaco", sono convinto bisogna dire, con parole ferme, che ognuno ha i suoi ruoli. La lealtà verso chi ha compiti di governo nelle istituzioni deve essere sempre forte, senza tentennamenti, sia nei confronti di Romano Prodi-a Roma-, che nei confronti di Sergio Cofferati-in città.
Ma non è questa- a pro o a contro- l'unica misura.
Un partito, ed il nuovo Partito Democratico ancor più, ha compiti più vasti, di elaborazione, proposta, ascolto e rapporto con i cittadini.
Un partito dimezzato- il sogno di certi untorelli- la politica dimezzata ridotta a cosche e cordate non è mai piaciuta ma oggi non sarebbe tollerata.
Al lavoro, al lavoro! Quando si lavora non si ha il tempo per far danni con un gruppo di NO, oppure per chiaccherare all'infinito sui retroscena.
Il congresso ha vissuto lacrime e "trappole" ma anche tanto, tanto altro.
Al lavoro, con la sana attitudine dei bolognesi, vecchi e di nuovo conio.