giovedì 26 aprile 2007

Dopo i congressi. Il Partito Democratico e i movimenti.

I congressi di Firenze e Roma hanno appassionato e convinto.
Si avverte un clima diverso. Meno lontananza ed un interesse diffuso.
Non si placa tuttavia una insistita campagna mediatica contraria.
A ben vedere la causa non è nel dissenso a sinistra del nuovo partito.
Il PD può segnare una ripresa di ruolo della politica, e a molti non piace.
Fino a che il progetto del "Partito Democratico" poteva essere scambiato con la piattaforma per dividere il centrosinistra, e renderlo più condizionabile dall'economia e dai corporativismi, non sono mancati certi alleati.
Dopo il voto del 2006 è apparso evidente che la sua funzione, persino oggettivamente, è ben diversa.
Quella di ridare speranza a chi sente nemico il presente, non solo teme il futuro.
E, per dirla chiara, quella di sostenere un Governo che gioca una partita decisiva per l’Italia, e la cui maggioranza, certamente articolata, raccoglie tutte le sinistre.
Il PD nasce per garantirgli una immagine più nitida, unitaria, leggibile, non per ipotizzare alternative, tempi supplementari alla vecchia politica, conservatrice ed impotente.
Anche questo a qualcuno non piace.
E’ qui il motivo di una offensiva che prosegue, di un dare spazio unicamente ai dissensi: puntare a permettere solo la nascita di una forza azzoppata a sinistra, che eventualmente sia la salmeria di un nuovo centro, non il riferimento del cambiamento.
Bisogna prenderne atto. Oggi, all'inizio della fase costituente.
Non per commettere l'errore di non tenere conto delle forze in campo nella società italiana, comprese le sedi dell'economia.
Non per rinchiudersi, ma per aggregare, per chiamare a raccolta le realtà più vive e dinamiche dell'impresa e del lavoro, le grandi sorgenti.
A questo fine serve chiarezza sui tempi e sui contenuti.
Sui tempi: a metà del guado l'acqua è più alta e le correnti contrarie più forti. Bisogna accelerare il passo.
Fare bene, certamente, ma anche fare presto.
Sui contenuti: l'azione del Governo è una risorsa e l'alleanza dell'Unione non è una condanna.
Dall'intervento deciso per la dignità e la sicurezza del lavoro, alla politica internazionale di pace, per l'Onu ed i diritti umani in ogni parte del globo, ai Dico, alle recentissime scelte sull'integrazione del fenomeno migratorio, a beneficio dell'Italia: tutto dimostra che si può e si deve continuare.
Si può dichiarare con energia che una linea riformatrice è in campo. Ha l'ampiezza che è giusto avere, non è l'immagine in un caleidoscopio di decine di partiti e correnti.
Il consenso viene accompagnando l'azione di Governo con una salda iniziativa nella società.
Si potrebbe scoprire che, senza linguaggi biforcuti, si può convincere in più direzioni.
L’opinione pubblica ha meno certezze ed etichette di quanto si pensi.
Ha necessità solide non meno che orientamenti liquidi.
L'Italia del cambiamento può ritrovarsi e diventare una maggioranza più forte e convinta.
Non è facile ma "si può fare".
Si nota però uno iato, una separazione fra le aperture della relazione e delle conclusioni di Piero Fassino a Firenze, e una certa apnea, una debolezza nel prendere l’iniziativa, che si vede nel corpo dei partiti.
Alla base è comprensibile, ma va affrontata e “battuta”. Quei sentimenti di preoccupazione (Che fare adesso”? Con chi!? Con quali “direttive?) sono inevitabili ma vanno presto superati.
Al vertice, invece, essere in “stand by”, vuol dire riaprire il fuoco sulla leadership, azzerare tutto per non cambiare nulla.
No. Il mondo delle Associazioni, la società civile dell’Ulivo, soprattutto chi è in essa con il compito ambizioso di riferirsi alla storia della Sinistra, sente il bisogno di gruppi dirigenti protagonisti, nei partiti, a Roma e nei territori.
Sicuri del consenso registrato nei congressi, con la volontà di cercare assieme la conferma del consenso dei cittadini.
Ma è viva la società civile? Sono credibili le associazioni? Le loro truppe non sono ancora l’elenco dei popoli d’occidente e delle navi, che raccontò Omero, sono ancora limitate ma danno già un segnale. C'è un mondo che può fare la sua parte.

I DS e La Margherita hanno scelto insieme, ora devono essere accompagnati dalla scesa in campo di altre diffuse energie.
Nell'anno 2002, quando l'opposizione culturale e sociale al berlusconismo, fu capace di "scuotere l'albero", ridiede coraggio all'Ulivo e contribuì a mettere le premesse della vittoria del 2006, si mostrò la realtà dei cosiddetti "ceti riflessivi", di una società civile capace di dimostrare la propria forza.
Una soggettività democratica esigente e radicale, ma unitaria.
Sono gli stessi che, in larga misura, hanno determinato la bella affermazione
nel Referendum per la difesa della Costituzione.
Sono convito che i "riflessivi" stiano ancora riflettendo. Senza ironia. Non va confuso, è vero, con l’interezza di una linea politica maggioritaria, ma il loro portato, la loro identità di valori, la loro voglia di impegno sono decisivi per il Partito Democratico, per tutto il centrosinistra.
E grande, insostituibile, è il contributo che bisogna sollecitare dal mondo dei lavori, e del sindacato.
A momenti di iperpoliticizzazione sembra subentrata, qui, una attesa che però non è silenzio, è richiesta di risposte, innanzitutto ai “democratici” , alla parte maggiore dell’alleanza di progresso..
Bisogna reagire di fronte a chi vuol spendere la forza dell’opinione civile raccogliendone solo i quadri di una sconfitta già pensata come inevitabile, radicalizzandoli, portandoli a nuovi partitini minoritari.
Ma bisogna reagire anche di fronte a chi pensa di poterne fare a meno.
Non ci sottovalutate. Sarebbe un errore dalle conseguenze lunghe. Abbiamo tutta l’intenzione di non farvelo commettere.

Davide Ferrari , Fabio Zanzotto
dell’Associazione della Sinistra per il Partito Democratico
www.sinistra.pd.it