martedì 20 febbraio 2007

Bilancio del Comune di Bologna.

"Nel Governo nazionale ed a Bologna: non dividere la coalizione. Una maggioranza con tutte le forze del centrosinistra garanzia di qualità ed equità."
Le politiche dell' amministrazione
Appunti sulla politica per la cultura.

L'intervento di Davide Ferrari
20 febbraio 2007

Consigliere FERRARI -
Signor Presidente, colleghi,
negli scorsi anni, via via sentendomi un attimo più sicuro rispetto ai dati dell’esperienza che si andavano assommando, ho inteso svolgere in occasione della discussione sul bilancio interventi che cercavano -con tutta modestia- di misurarsi, anche talvolta in maniera ravvicinata, con la dimensione tecnica e in particolare con anche i prospetti delle cifre, con la lettura attenta delle caratteristiche finanziarie concrete dei bilanci che venivano presentati.
Quest'anno io penso che, da un lato per il tempo più lungo che abbiamo avuto tutti noi Consiglieri per affrontare il tema causa il rinvio che vi è stato, disposto anche nazionalmente, per l'accurata e ripetuta presentazione che l’assessore Bottoni ha svolto in sede di Commissione, nell’apertura della sessione di bilancio un mese addietro e ieri durante l’attuale sessione, e infine anche per gli interventi già svolti daio colleghi, fra i quali per il mio Gruppo quello della consigliera Elisabetta Calari, ebbene per tutte tre queste fattualità io penso di modificare questa abitudine e di utilizzare il tempo che ho a disposizione per affrontare, a partire dalla vicenda politica e finanziaria della Legge Finanziaria e di questo bilancio, alcune considerazioni più generali sul nostro impegno amministrativo e sulla città.
E’ stato detto bene di questo bilancio e io voglio ribadire solo un elemento: se qualche attento lettore della stampa, anche di una stampa non certo pregiudizialmente lontana dalla nostra esperienza politica e di governo, intendesse fermarsi soltanto alla lettura dei dati presentati dai giornali avrebbe una strana visione di quello che è capitato in questi ultimi cinque o sei mesi. Avrebbe letto di una Legge Finanziaria che immotivatamente – così è stato detto – ha predisposto un prelievo fiscale record, abbassando le potenzialità di crescita complessive del Paese.
Oggi abbiamo i dati, che dicono una cosa diversa, colleghi, e per la verità già i documenti previsionali del Ministro Padoa-Schioppa, persona per me particolarmente degna di stima, e anche le illustrazioni della Finanziaria da lui svolte già consentivano un’analisi diversa.
Ma certo oggi abbiamo i dati: ebbene, l’Italia è in pieno sviluppo, il prelievo fiscale si è, per la prima volta nella storia del nostro Paese, compresa la precedente esperienza del Governo del Centrosinistra, concentrato non uniformemente non su tutte le classi sociali ma ha pienamente salvaguardato, anche al netto delle misure aggiuntive regionali e locali, non soltanto i ceti più deboli ma il ceto medio, quello vero, italiano.
E' la prima volta.
Colleghi, ora io non so se qualcuno di noi può avere l’illusione che questo nostro dibattito, che io comunque rispetto e considero per la sede istituzionale nel quale avviene, possa in qualche modo costituire una notizia, ma se qualcuno ci ascolta almeno attraverso il mezzo radiofonico io voglio davvero ribadire questo concetto. E voglio ripeterlo a quegli amici, a quei cittadini che ci ascoltano: attenzione, è la prima volta che succede, non è mai successo.
Quando qualcuno andrà in televisione nuovamente e dirà “io ho garantito la riduzione delle tasse”; bene, quel signore alla grande maggioranza di cittadini non ha affatto garantito una riduzione delle tasse ma un aumento.
E anche l’esperienza stessa di Governi democratici, come il primo governo Prodi che ottenne straordinari risultati - penso ad esempio al rientro nei parametri di Maastricht, che ci ha consentito l'impresa di entrare a pieno a titolo in Europa, ebbene - anche allora non venne garantito una medesima salvaguardia dei redditi più bassi e dei ceti medi.
Bene colleghi, qua però ci vuole una considerazione politica, che a mio avviso non può sfuggire: perché si è arrivati a questo risultato? E anche, io dico, perché questo risultato è stato così accuratamente velato, nascosto, fatto oggetto di un’offensiva politica che ha pochi precedenti nella dialettica democratica e civile?
Io credo, questa è una mia interpretazione politica, che questo risultato sia stato raggiunto proprio per la validità del programma e l’articolazione della Maggioranza politica di Centrosinistra che regge il Paese, come anche questa città.
Un’articolazione che non porta soltanto le note difficoltà a comporre la linea di indirizzo su alcune tematiche , sulle quali ogni giorno in tanti insistono, ma che garantisce un ascolto specifico delle necessità delle classi popolari quale nella nostra esperienza repubblicana mai si era mai avuto. Perché, vedete, interpretare il popolo dall’Opposizione non è difficile ma rappresentarlo con misure concrete di Governo -anche per il Centrosinistra- è molto più arduo. E io credo che si sia giunti a questa politica proprio per l’articolazione di questa Maggioranza.
A partire da qui voglio fare una riflessione indirizzata ai colleghi dell’Altra Sinistra, perché guardate che non è di poco il dato che ho richiamato.
Io ho appena detto che è l’articolazione politica che va dall’Udeur a Rifondazione che garantisce per esempio una politica di riequilibrio finanziario che non ha pesato sui ceti medio–bassi; è questo che va rivendicato.
Ecco allora che mantenere la solidarietà verso l’esperienza di Governo nella quale tutti siamo impegnati ha delle ragioni concrete, in pareticolare per le forze che tengono con maggiore interesse, almeno nelle loro dichiarazioni, a questo riferimento sociale.
L'unità non ha soltanto un motivo ideologico o di difesa della democrazia, di per sé validissimo, ma emerge dalle carte, dai fatti, dal conto della misura di riequilibrio finanziario una ragione concreta per difendere un’esperienza di governo che vede tutto l’arco delle forze di democrazia popolare e di Sinistra presenti nella Maggioranza di Governo.
E io credo, colleghi, che non è un caso che questo risultato sia stato, lo ripeto, così aspramente combattuto, ad esempio dalla grande stampa.
Non mi hanno insospettito o stupito gli attacchi del Centrodestra, peraltro come sempre confusi fra chi lamentava le troppe tasse e chi invece esigeva maggiori spese, ma questo in fondo è normale; mi ha invece incuriosito il veemente e ripetuto attacco che, con poche voci alternative, peraltro fra le più serie del mondo economico, non soltanto della ricerca universitaria ma anche dell’imprenditoria privata e del sistema finanziario, è venuto da quel vasto mondo di esperti e politologi che ruota attorno all'informazione delle classi dirigenti.
Se si escludono poche voci, a mio parere di particolare obiettività e valore, l’attacco è stato davvero intensissimo.
Ed è stato, questo è il punto, un attacco politico.
Un attacco politico perché non veniva da questi commentatori, che io comunque considero interlocutori importanti, faccio un nome solo ad esempio, ma lo nomino ma per maggior rispetto, non per critica accentuata, quello del professor Giavazzi, non veniva una critica sulle entità, sulle dimensioni della manovra finanziaria.
E' venuta invece una critica sui soggetti chiamati a corrispondere, a pagare, quell' entità, e ovviamente alle Maggioranze politiche che hanno invece composto una corresponsione, ripeto, più equa e mirata, che ha salvaguardato i redditi bassi e quelli medi.
Allora meglio si comprende, colleghi: senza una maggioranza di centrosinistra larga e articolata il rientro finanziario e domani altre misure importanti non vedranno la capacità di interpretare davvero, i bisogni e i desideri del nostro Paese, a cominciare da quelli di chi ha più bisogno di un intervento pubblico.
Ecco quindi che una maggioranza larga con tutte le forze politiche del centrosinistra al suo interno non è qualcosa che si deve accettare per collo storto dall’attualità o dal voto elettorale, di risicata maggioranza, ma è qualcosa che è necessario per un buon governo e per un moderno governo delle gravi contraddizioni che ha questo Paese e forse non soltanto questo Paese.
Io penso che questa affermazione vada riportata anche nella dimensione locale.
Condivido l’ordine del giorno che ha presentato la collega Calari insieme ad altri colleghi, dei quali non cito tutti i nomi per brevità.
L'odg comprende anche un elemento di critica propositiva alla misure finanziarie nazionali. Ebbene, io penso che molto opportunamente i Comuni abbiano svolto una loro battaglia, che non può dirsi mai terminata, per impostare, su una realizzazione effettiva del Titolo V riformato della Costituzione, anche in capo finanziario ed economico, un governo della Repubblica e non più soltanto dello Stato, che veda appunto gli Enti locali pienamente protagonisti. Questo dice l’ordine del giorno della collega Calari, e lo dice opportunamente. Io penso che altrettanto opportunamente occorra ricordare, come sto argomentando, i risultati con i quali usciamo da una difficilissima ma necessaria vicenda di rientro finanziario.
Ecco allora che anche il bilancio comunale va analizzato a partire da questi risultati.
Un bilancio comunale che, certamente anche grazie all’intervento importante e anche equilibratore della concertazione con le organizzazioni sindacali, ha visto un forte ribadimento di alcune scelte fondamentali di equità e coesione sociale.
Eppure in questi giorni ho avuto, come tutti voi, sotto gli occhi tante vicende, la cui sommatoria a volte sembra confusa: abbiamo letto ad esempio che Bologna per la scuola non fa altro che dimettere pezzi del proprio sistema di offerta educativa. Ma è strano, io guardo questo bilancio e vedo milioni di euro stanziati, oltre i doveri di competenza, per settori nei quali l’intervento comunale - certo non da oggi, da decenni, ma è surrogatorio, di sostegno - non deriva da leggi generali di responsabilità che lo Stato e la Repubblica assegnano.

Ho veduto, invece, un accordo sindacale che - non senza lotta, ma è normale, non senza attestazioni anche autonome, qualcuna è capitata di farla anche a me - si è indirizzato verso un forte ribadimento dell'impegno del Comune per gli Istituti Aldsini-Valeriani-Sirani, nel rapporto nuovo che si deve aprire con lo Stato, la Regione e anche la Provincia di Bologna, nonché io penso con il sistema privato.
Un impegno sul terreno della scuola–lavoro che è una specificità grandissima, certo del tutto positiva ma grandissima, e che non è dato nelle finanze attuali locali avere garantita "a prescindere", del Comune di Bologna a sostegno delle attività imprenditoriali e delle libertà ed opportunità dei suoi più giovani cittadini.
Ho visto ad esempio, sempre sul terreno scolastico, un forte impegno per articolare ma anche sostanziare nell’asse centrale dei servizi pubblici per l’infanzia da 0 a 6 anni, un’offerta capace di reggere un incremento della domanda.
Incremento che non mi stupisce, cari colleghi, perché- come chi ha avuto la bontà di ascoltarmi anche negli anni scorsi può ricordare- da molti anni leggo come necessario e inevitabile un aumento delle richieste di servizi stabili pubblici a lungo tempo, della volontà di frequentare servizi e scuole full time per i bambini e le bambine da 0 a 6 anni.
Bene, io vedo in questo bilancio una scelta forte di indirizzo delle risorse possibili in questa direzione.
Colleghi, cos’è che fa velo, anche qui, a una lettura più chiara delle scelte importanti per il sociale, per l’istruzione - della cultura dirò a parte fra breve - che possano rendere i nostri cittadini maggiormente edotti di queste scelte?
Io vedo anche qui un nodo, un elemento politico che va affrontato e analizzato, e mi rivolgo ancora una volta ai colleghi della coalizione di cui faccio parte.
Per dire loro questo, colleghi: anche a Bologna una coalizione larga è importante e va difesa come un bene prezioso.
Devo però aggiungere che mentre a livello nazionale, colleghi, mi è sembrato più forte l’obbligo di ribadirlo a fronte di chi vorrebbe una rottura fra la Sinistra riformista e la Sinistra radicale, in qualche modo provenendo dall'area di Centro, a livello bolognese mi sembra invece più serio ribadirlo anche a chi vorrebbe delle rotture, e anzi spesso le considera inevitabili, a partire da posizioni più radicali, che vorrebbero essere maggiormente radicali, più di Sinistra, rispetto all’asse politico di questa Maggioranza.
Io chiedo, colleghi: è ben meditata questa scelta?
Siamo convinti che anche dalla lettura di questo bilancio non evinciamo una forte riconferma dell’impegno sociale di questo mandato, che - io spero, mi auguro, so, ho letto - anche dopo emendamenti porterà a un voto comune dell’intera Maggioranza?
Ebbene colleghi, non ne dobbiamo trarre una lezione più generale, cioè che il terreno di coltura, l’humus di ogni progetto politico del Centrosinistra è all’interno dell’esperienza e della vicenda di una Maggioranza larga e ampia come quella che ancora qui abbiamo? E non è al suo esterno, non è in una alterità.
Questa è la domanda a cui, vedete colleghi, non si può rispondere dal versante delle forze più radicali con l’elencazione degli addendi – più 1, più 1, più 1 – sulle singole questioni, e non si può rispondere però nemmeno, dal fronte di chi ha più responsabilità, delle forze che hanno il maggiore consenso ed anche la maggiore evidente necessità di essere trainanti, più responsabili dell’intera alleanza, soltanto distinguendo la propria capacità di governo, data per dimostrata per assioma e una volta per tutte, da chi invece questa capacità non dimostrerebbe.
No, tutti noi dobbiamo dimostrare una maggiore capacità di ascolto e di governo ogni giorno, colleghi, ogni giorno, perché le questioni mutano, perché l’articolazione sociale è più ampia e diversificata, perché non abbiamo sacche di consenso aprioristico alle quali poterci riferire.
Ecco allora, colleghi, che una lettura che si indirizzi direttamente al dato politico è possibile e concretata dai fatti.
Questa vicenda di bilancio ci consegna, come possibilità e come scelta, non solo come necessità l’indirizzo di rivolgerci al mantenimento, anche con una battaglia politica sui contenuti quando occorra, di una maggioranza larga, più salda, più unita, più verificata, che possa andare oltre la boa di questo metà mandato e, in stesso orientamento con quanto occorre fare a livello nazionale, sia un saldo punto di riferimento per le forze democratiche della città e di tutto il Paese.
Questa è la funzione essenziale che Bologna deve assolvere e che io spesso vedo oscurata da polemiche delle quali mi sfugge non già l’elemento scatenante occasionale, diciamo così: la specificità, che ogni volta può essere chiaro - quella vicenda o quell’altra vicenda amministrativa - ma il senso di indirizzo più generale. Quale altra strada c’è al di là di quella che sto indicando? E soprattutto ci si è posti il problema di ritrovarla una strada, un indirizzo politico che sia poi credibilmente presentabile all’opinione pubblica e all'elettorato?
Ecco, questo è il punto che mi sfugge, ed è un punto interrogativo che rivolgo anche ai colleghi di questa Maggioranza adesso presenti.
Infine mi ero riservato un piccolo approfondimento di merito su alcuni terreni, e voglio ridurlo ad un solo ambito, esemplare.
Potrei parlare, ma lo faranno altri colleghi, dell’importante politica urbanistica che stiamo svolgendo, di altri Settori che si sono messi in evidenza ma voglio dedicare, terminata la parte politica del mio intervento, pochi minuti a un punto di specificità che mi è particolarmente caro, ed è il punto delle politiche culturali.
A Bologna le politiche culturali non sono una parte del tutto, sono grande parte dell’immagine generale della città, ed è persino ovvio che possano influire in maniera decisiva sia sugli aspetti economici, turistici, fieristici, di sviluppo della città ma anche sugli aspetti della stessa tenuta sociale.
La coesione sociale medesima dipende da un equilibrio nella possibilità di partecipare al momento produttivo da parte delle varie generazioni, laddove per tanti il momento produttivo vuol dire produrre cultura, organizzare cultura, associarsi per produrre e organizzare cultura.
E questo riguarda non qualche centinaio di persone o ristrette fette della società ma riguarda, a Bologna, migliaia e migliaia di cittadini, una larga parte di quella fascia di laureati e diplomati, che possiamo identificare dai 25 ai 35 anni, che è la fascia del ricambio sociale, e rispetto alla quale la partita della cultura è decisiva per verificare la possibilità di rinnovare l’ordito democratico stesso, l’equilibrato livello di rapporti fra lavoro e non lavoro e fra età e generazioni della nostra città.
Sentiamo interrogarci spesso: si fa abbastanza, c’è un dialogo abbastanza forte con la città su questo terreno?
Io penso che a questo interrogativo vada data una risposta seria ma anche responsabile.
Certo, le praterie del dissenso sarebbero molto ampie, essendo a Bologna così vasta l’opinione pubblica interessata ai temi della cultura. Praterie nelle quali correre con facili dissensi alla ricerca di un facile consenso, colleghi.
Il problema però è un altro: di fronte alla riduzione obiettiva delle risorse l’Assessorato ha scelto di indirizzare a progetti specifici di grande forza, capaci di identificare meglio la città, le sue energie.
E anche ha scelto, ha confermato una scelta che in fondo l’oggettività stessa aveva già condotto a fare anche negli anni scorsi, di molto puntare sul ruolo autonomo delle grandi istituzioni culturali di questa città.
E’ una scelta giusta, che permette di mettere in campo più risorse, favorendo una dialettica più limpida con gli investimenti finanziari di partner privati e del privato sociale.
Resta una terza area di interfaccia sulla quale occorre invece ancora lavorare e che va pienamente compresa. Non la si risolve soltanto sotto la specie delle politiche giovanili o delle politiche sociali.
Resta la necessità di cogliere fino in fondo quale contributo porti il vastissimo tessuto di associazionismo culturale, di diverso livello ma che pure è una ricchezza unica della nostra città, anche a fronte di un fenomeno più vasto che coinvolge certamente tutte le grandi città del nostro Paese e che va pienamente interpretato.
Ebbene, quando io vado a rivedere il portato, che cosa ci ha dato “Bologna 2000 - città capitale europea della cultura” vedo tante realizzazioni; vedo però che quello che fu da più parti identificato come un limite, il non aver colto quell’occasione per realizzare momenti di tale altezza da imporre per sempre il nome di Bologna nel grande sistema culturale internazionale, ha però un'altra faccia della medaglia, e oggi nei bilanci ordinari diventa ancor più necessario mettere in piena luce quest'altra faccia della medaglia, l’altra parte della luna.
Intendo quel tessuto straordinario, fatto di centinaia e centinaia di soggetti organizzati, capaci di qualità e che hanno bisogno di un’interfaccia generale e forse diversa con questa città e con le sue Istituzioni, che non basta fare passare dalle istituzioni culturali e non può essere giocoforza ricompreso nelle scelte prioritarie di diretta organizzazione culturale che il nostro Comune giustamente ha scelto di fare.
No, ci vuole un’altra parte, un altro pezzo di attività amministrativa, capace di selezionare alcune tematiche, a partire da argomenti cardine che siano integrabili con le scelte generali di identità di questa città, e -su queste-di favorire il lavoro comune fra più soggetti per lanciare a un livello di maggiore qualità e incidenza, ripeto, il portato già così vasto di queste trame.
Da questo punto di vista a me non ha preoccupato una certa centralizzazione e verifica della spesa sulle libere forme associative per esempio, che ho visto presentata dall’assessore Bottoni e dai tecnici qualche tempo fa in Commissione.
Non mi ha preoccupato, anzi mi ha interessato: può essere anche questa un’occasione.
Occorre però raggiungere una capacità di progettazione, rispetto alla quale io penso anche questo Consiglio possa dare un contributo. C’è in sostanza da identificare alcuni assi sui quali chiamare, senza coattività ma ad un lavoro più diretto, chi già oggi tanto fa per la nostra città.
Mi limito ad alcune citazioni, sono quasi fiori che non possono essere scelti da fiore visto che anche tante altre sono le priorità.
Proviamo tuttavia a citare: la più piena integrazione a partire – c’è qui il collega Barcelò – dall’integrazione linguistica dei nuovi cittadini, con almeno una decina di forti e radicate esperienze di studio e di insegnamento da parte di associazioni.
Poi, per scegliere un altro tema, c'è il problema del passaggio da una generazione all’altra della capacità e della possibilità di fare letteratura: non richiederebbe anche questo un lavoro associativo meglio riconosciuto? E' rincorrere le esperienze sovietiche unire in progetti più forti e visibili le tre o quattro maggiori esperienze associative in campo librario e letterario?
Se ne è parlato a proposito di Sala Borsa. Allora ebbi a dire di no ad un anuova Istituzione culturale ma a progetti che federino le migliori esperienze di incontro con gli autori, che, oltre il salotto favioriscano un incontro ravvicinato e fecondo sono possibili, anzi, urgenti.
E infine, sul piano della più diretta produzione culturale, un ultimo esempio.
Si è parlato per tanti anni a Bologna di distretti comunicativi ma ci possono essere anche distretti virtuali, che vogliono dire reti di collaborazione per start up di microprogetti imprenditoriali sul cinema, sulla comunicazione, sulla stessa creazione di luoghi di esposizione per mostre e sculture. In sostanza visualità, in sostanza scrittura, in sostanza integrazione, sono all’interno di questi tre temi che io ho esemplificato qui, con semplicità ed immediatezza, come esempi e non come grandi aree disciplinari, quelle grandi aree invece che la nostra politica per le libere forme associative già individua accorpando gli interventi.
Occorre uno sforzo coerente e serio per creare un terzo interfaccia nel campo delle politiche culturali, che si affianchi a quello delle iniziative generali, molto valide, di straordinario valore, a quello delle istituzioni culturali, di straordinario valore.
Serve un altro tassello importante, dunque.
Bologna si giocherà molto in questi due anni e mezzo, non ha più garantite a priori notorietà e ruoli laboratoriali.
Li avrà, tuttavia, se a livello politico saprà essere ancora una volta, e l’ho detto per tutto il mio intervento, luogo di tenuta e affermazione di una grande, articolata, difficile ma importante alleanza di Centrosinistra, senza escluderne alcuna sua componente, e sul campo dell’amministrazione concreta, sia confermando le scelte di indirizzo per il sociale, l’educazione e l’integrazione, e ancora se saprà ancor più affermare la centralità delle politiche per la cultura.
Vi ringrazio della vostra attenzione.
(dal resoconto stenografico)