lunedì 13 novembre 2006

Saddam Hussein.Sì al processo. No alla pena di morte.

Saddam Hussein. Importante processare un dittatore. No alla pena di morte. Presto un appello dalla società civile bolognese.

L''intervento svolto il 6 Novembre, in Consiglio, dal consigliere Davide Ferrari (DS).

(Dalla nota stenografica)
Consigliere FERRARI:
I minuti sono pochi ed è giusto che sia così, da Regolamento e anche per il carattere cittadino della nostra sede consiliare. Non ho voluto tuttavia evitare di citare quanto sta accadendo, che credo riguardi particolarmente anche un Paese come il nostro, che è direttamente impegnato non solo in Iraq ma in più Paesi dello scacchiere mediorientale e orientale.
Io credo che di fronte al processo a Saddam Hussein e alla condanna a morte che è conseguita al termine della prima fase processuale dovremmo evitare due rischi.
Il primo è quello di tacere, di non dire, come tutta l’Europa sta dicendo: "No alla pena di morte".
E’ di poche ore fa, e mi fa particolarmente piacere, in quanto corregge le prime voci che venivano dall’Inghilterra, la dichiarazione del primo ministro Tony Blair: inequivoca. Dice Blair: "Siamo sempre contrari alla pena di morte". Giusto, ha ragione.
E come tutta l’Europa credo che anche noi nel nostro piccolo dobbiamo testimoniare questa contrarietà, questa ferma, forte contrarietà.
Contemporaneamente io credo che bisogna evitare un altro rischio, quello di delegittimare il fatto che Tribunali, per quanto discutibilissimi, abbiano però la cura e il mandato, la possibilità, l’autorevolezza per processare figure che sono state in passato, e con tali responsabilità, di primo piano nella scena internazionale e certamente nel loro Paese. E’ probabile che ognuna delle accuse che abbiamo visto nella stampa internazionale a quel Tribunale sia vera, e tuttavia che qualunque dittatore sappia che può terminare di fronte a una Corte credo sia un fatto positivo.
E’ quindi proprio per dare maggior valore alla tendenza che nel mondo si va affermando a processualizzare, a ordinamentare la condanna, prima affidata solo alle armi e alla storia, i crimini orrendi di tanti regimi, credo che sia importante affermare che il culmine della civiltà giuridica è la negazione della pena di morte e non il suo contrario.
Ho voluto aggiungere nel titolo di questo intervento "reazioni a Bologna", perché Bologna, che ha una società civile così ricca e anche un mondo del Diritto così articolato, sono sicuro, ne ho informazione, non mancherà di vedere la promozione di un momento specifico di testimonianza e di dichiarazione.
E’ nella nostra storia, è nelle nostre caratteristiche. E penso che non ci si debba fermare, come talvolta si fa, al senso dell’ineluttabile, al senso della nostra piccolezza di fronte a grandi fenomeni che turbano il mondo.
No, può essere molto importante una testimonianza di civiltà in un momento come questo laddove, non dimentichiamolo mai, oltre a motivi di ordine generale quali quelli che ho richiamato, c’è anche una ragione specifica per assumere un più netto profilo civile e democratico. Migliaia di nostri soldati sono impegnati su diversi fronti e con diversi compiti. Credo che anche per questo, parlo della società civile Bologna sicuramente sarà ancora una volta presente fra le città di pace, di libertà, di condanna delle dittature, di richiesta di pene umane, di rifiuto della pena capitale.