lunedì 20 novembre 2006

Palestina, errori e conflitti. (Stenografico)

Consigliere FERRARI: Grazie, signor Presidente. Con brevità interverrò perché già numerosi colleghi hanno preso la parola e d’altra parte non stupisce che questo stia avvenendo per l’importanza dell’ordine del giorno e ancora più, sia concesso dirlo, per la serietà dell’argomento. Chiederei un attimo di attenzione perché dopo non riesco più a parlare. Serietà dell’argomento perché, colleghi, in sede istituzionale noi dobbiamo realizzare due problemi che abbiamo di fronte. Il primo è quello che riguarda tutto questo Consiglio, deve riguardare tutto questo Consiglio - e prego davvero di ponderare questa esigenza prego ogni Consigliere, ogni Consigliera, a qualunque Gruppo esso appartenga e qualunque siano le espressioni di dissenso già espresse anche oggi - di esprimere comunque quel punto che l’ordine del giorno certamente esprime, insieme ad altri, di condanna senza alcun distinguo o esitazione degli atti gravissimi che sono stati compiuti nella manifestazione di Roma. Questo è un nostro preciso dovere istituzionale e quindi considero l’ordine del giorno che ci viene presentato un ordine del giorno istituzionale, e da questo punto di vista considero anche le due firme dei proponenti. Quindi non si tratta di schieramenti bipartisan o non bipartisan, si tratta di un inevitabile, obbligatorio, doveroso atto istituzionale, tendente a prendere posizione dopo quello che è accaduto. E ripeto, su quel punto, almeno su quel punto sarebbe assai opportuno che questo obbligo fosse da tutti noi assolto, qualunque sia la nostra opinione sulla situazione che ha determinato anche questi fatti, così come determina ogni giorno insieme alle tragedie del Medio Oriente migliaia e migliaia di fatti di acutissima tensione in tutto il mondo. Attenzione, vorrei dire una parola in più: se questo obbligo non sarà assolto è facile immaginare che questo stesso atto avrà delle ripercussioni inevitabili; vogliamo dire mediatiche, vogliamo dire politiche, vogliamo dire di ulteriore e sovrabbondante polemica politica? Ma è ben facile immaginare che questo accadrà. Quindi siccome rispetto le opinioni di tutti, ognuno può trovare le sue forme ma quel punto che è il tema all’ordine del giorno fa parte, ripeto, di un dovere istituzionale assoluto. E quindi come tale, lo dice la parola stessa, “assoluto”, cioè sciolto da altre considerazioni di merito. Abbiamo poi un secondo elemento che io penso vada considerato, su cui mi sembra insistesse opportunamente il collega Naldi e che io vorrei riprendere, con brevità anche se le questioni sono immense. Io lo riprendo così, colleghi: alla vigilia delle due manifestazioni di Milano e di Roma qual era il punto su questi temi che teneva banco? Era forse un’indistinta e cieca solidarietà ad uno dei popoli in lotta oppure il senso forte, che veniva anche dal Governo italiano e non senza conseguenze e divisioni anche nella stessa opinione pubblica democratica, penso alle comunità ebraiche, cioè l’esigenza di una più netta volontà di pace, tendente a realizzare un intervento internazionale che ponga fine alle migliaia e migliaia di morti civili. Questo teneva banco, è vero o no? Bene, si svolge un finesettimana di mobilitazioni e siamo ai temi che stiamo discutendo. Non sono gli stessi temi, l’attualità politica è mutata, ha fatto un passo indietro; ed ecco allora quando si dice, giustamente, che vi possono essere intenzioni molto diverse fra partecipanti singoli o di gruppo a una manifestazione e promotori, è pur vero che un redde rationem possiamo tirarlo: la conclusione è che purtroppo non siamo andati avanti di fronte a un’esigenza che di drammatica attualità, che è quella di un più forte intervento internazionale di pace a Gaza e nella Palestina. A me è capitato non più tardi di una settimana fa di incontrare una delegazione della Mezzaluna palestinese, cioè la Croce Rossa palestinese; è una delle realtà che pur avendo un compito specifico, che non è un compito politico ma è un compito medico, di sostegno umanitario, di sostegno assistenziale, svolge però inevitabilmente anche da molti anni una funzione quasi di ambasceria culturale di questo popolo, che ha una sua istituzione ma non ha un suo Stato. E’ chiarissima la domanda che proviene da queste ambascerie e che, in una situazione politica e culturale anche dopo l’11 settembre sempre più difficile per il popolo palestinese, non più facile, sempre più difficile ogni giorno che passa, si rivolge a una generalità di soggetti. Altro che bipartisan, cerca di incontrare tutti e chiede da un lato campagne concrete di sostegno ai feriti, alle famiglie che hanno perso casa per i bombardamenti, a coloro che sono incarcerati, spesso senza garanzie, non soltanto di diritti umani ma anche di quei diritti sanitari, il diritto a essere curati, il diritto a non vedere la problema malattia progredire senza assistenza in carcere. Dall’altro lato la fortissima insistenza, l’insistenza politica prioritaria che viene posta, è questa: dice l’iniziativa del popolo palestinese “attenzione noi esistevamo come problema prima della guerra in Iraq, prima dell’11 settembre; esistiamo adesso come problema autonomo, che interpellanza tutte le conoscenze per essere risolto”. E coloro che portano con un nesso immediato altre lotte, comunque uno le voglia considerare, accanto e insieme a quella, quella indebolisce drammaticamente. E’ un tema che ha una lunga storia nella questione palestinese, cari colleghi, perché purtroppo non c’è stata soltanto la cecità di chi per decenni ha detto “non esiste il popolo palestinese, abbiamo di fronte soltanto persone che possono avere il passaporto giordano o egiziano o siriano”; non c’era soltanto costui ma c’era anche a Sinistra chi diceva ad esempio “esisterà quella lotta e quel popolo se si darà a quella lotta una connotazione di classe e non nazionale” oppure “ci si darà una connotazione internazionalista più chiara”. Oggi sembrano cose lontanissime ma non lo erano vent’anni fa. Per esempio addirittura di questo dovevano occuparsi i palestinesi: “decida cos’è meglio fra l’URSS e la Cina”. Sembrano follie ma sono cose che hanno tenuto banco per molti molti anni. Invece no colleghi, quella è una questione specifica, dove si è compiuta una ferita, che certo pesa sulla coscienza della dignità umana di ogni popolo del Terzo Mondo, quanto noi in occidente non riusciamo più a comprendere, ma è una questione specifica, prioritaria alla risoluzione di altre e non secondaria. Quindi, cari amici, non c’è soltanto la barbarie della frase, che da per sé basta, è compiuta, ma anche rispetto alle manifestazioni bisogna interrogarsi su forme di solidarietà che tendano a mettere maggiormente in rilievo la questione palestinese, non a caricarla del peso delle ingiustizie del mondo intero, perché c’è una urgenza che non ammette repliche. Io credo che questo sia un punto che va anche a interpellare la nostra coscienza morale. Chi segue quel popolo da molti anni, a me capita di farlo, sa che non si scherza con chi ogni giorno non sa se avrà se avrà un risveglio. Non si scherza. Né per avere una preferenza né per avere un voto né per cercare uno spazio politico né per affermare i valori supremi di un’umanità che, al riparo in altri continenti, può guardare al Terzo Mondo irridendolo. Non si scherza. Sarà quella questione qualcosa che finché non sarà risolta, inevitabilmente interpellerà il mondo intero ogni giorno che passa. Allora io interpreto, colleghi, questo ordine del giorno come un dovere istituzionale da condividere, e come tale lo voterò senz’altro; mi auguro e sono sicuro che al nostra iniziativa internazionale, così ampia e ricca e così necessaria anche come Comune, lo capiamo quando poi arriviamo al dunque di questioni così rilevanti – dico questo perché altre volte si è parlato di definizioni, di termini eccessivi, addirittura di sprechi a fronte degli interventi di cooperazione internazionale, tutti, rivolti in particolare al sud e all’est del mondo – mi auguro che presto avremo l’occasione per un dibattito forse meno cogente dal punto di vista degli schieramenti politici ma altrettanto veritiero e importante che ci consenta di partire da passi avanti e non da un tragico passo indietro, dovuto al gravissimo errore che si è compiuto.