mercoledì 22 novembre 2006

Comune. Il voto sull'ordine del giorno di condanna dei comportamenti di un gruppo di manifestanti a Roma nel corteo sul M.O.

L'intervento di Davide Ferrari, nel Consiglio comunale di Bologna, Lunedì 20 Novembre
(dal resoconto stenografico)

Consigliere FERRARI:
Grazie, signor Presidente. Con brevità interverrò perché già numerosi colleghi hanno preso la parola.
D’altra parte non stupisce che questo stia avvenendo per l’importanza dell’ordine del giorno e ancora più, sia concesso dirlo senza sminuire l'odg, per la serietà in se'dell’argomento.
Serietà dell’argomento perché, colleghi, in sede istituzionale noi dobbiamo considerare due problemi che abbiamo di fronte.
Il primo è quello che deve riguardare tutto questo Consiglio - e prego davvero di ponderare questa esigenza prego ogni Consigliere, ogni Consigliera, a qualunque Gruppo esso appartenga e qualunque siano le espressioni di dissenso già espresse anche oggi - di esprimere comunque il consenso a quel punto che l’ordine del giorno certamente indica: la condanna senza alcun distinguo o esitazione degli atti gravissimi che sono stati compiuti nella manifestazione di Roma.
Questo è un nostro preciso dovere istituzionale e quindi considero l’ordine del giorno che ci viene presentato un ordine del giorno istituzionale, e da questo punto di vista considero anche le due firme dei proponenti, (il Presidente Sofri ed il Vicepresidente Foschini , ndr).
Quindi non si tratta di schieramenti bipartisan o non bipartisan, si tratta di un' inevitabile, obbligatorio, doveroso atto istituzionale, tendente a prendere posizione dopo quello che è accaduto.
E ripeto, su quel punto, almeno su quel punto sarebbe assai opportuno che questo obbligo fosse da tutti noi assolto, qualunque sia l'opinione sulla situazione che ha determinato anche questi fatti, così come determina ogni giorno insieme alle tragedie del Medio Oriente migliaia e migliaia di fatti di acutissima tensione in tutto il mondo.
Attenzione, vorrei dire una parola in più: se questo obbligo non sarà assolto è facile immaginare che questo stesso atto avrà delle ripercussioni inevitabili; vogliamo dire mediatiche, vogliamo dire politiche, vogliamo dire di ulteriore e sovrabbondante polemica politica?
E' ben facile immaginare che questo accadrà. Quindi siccome rispetto le opinioni di tutti, ognuno può trovare le sue forme ma sottoscrivere quel punto, che è il tema centrale dell’ordine del giorno, fa parte, ripeto, di un dovere istituzionale assoluto.
“Assoluto”, cioè sciolto da altre considerazioni di merito.
Abbiamo poi un secondo elemento che io penso vada considerato, su cui mi sembra insistesse opportunamente il collega Naldi e che io vorrei riprendere, con brevità anche se le questioni sono immense.
Io lo riprendo così, colleghi: alla vigilia delle due manifestazioni di Milano e di Roma qual era il punto su questi temi che teneva banco?
Era forse un’indistinta e cieca solidarietà ad uno dei popoli in lotta oppure l'assunzione forte, che veniva affermata anche dal Governo italiano e non senza conseguenze e divisioni anche nella stessa opinione pubblica democratica, penso alle comunità ebraiche, dell’esigenza di una più netta volontà di pace, tendente a realizzare un intervento internazionale che ponga fine alle migliaia e migliaia di morti civili.
Questo teneva banco, è vero o no?
Bene, si svolge un fine-settimana di mobilitazioni e siamo ai temi che stiamo discutendo.
Non sono gli stessi temi, l’attualità politica è mutata, ha fatto un passo indietro; ed ecco allora quando si dice, giustamente, che vi possono essere intenzioni molto diverse fra i partecipanti singoli o in gruppo alla manifestazione di Roma ed i promotori, ma è pur vero che un redde rationem deve avvenire. La conclusione da tirare è che purtroppo non siamo andati avanti di fronte a un’esigenza che di drammatica attualità, che è quella di un forte e diretto intervento internazionale di pace a Gaza e nella Palestina.
A me è capitato non più tardi di una settimana fa di incontrare una delegazione della Mezzaluna palestinese, cioè la Croce Rossa palestinese.
E' una delle realtà che pur avendo un compito specifico, che non è un compito politico ma è un compito medico, di sostegno umanitario, di sostegno assistenziale, svolge però inevitabilmente anche da molti anni una funzione quasi di ambasceria culturale di questo popolo, che ha una sua Istituzione ma non ha un suo Stato.
E’ chiarissima la domanda che proviene da queste ambascerie e che, in una situazione politica e culturale, dopo l’11 settembre sempre più difficile per il popolo palestinese, non più facile, sempre più difficile ogni giorno che passa, si rivolge a una generalità di soggetti.
Altro che "bipartisan", cerca di incontrare tutti e chiede da un lato campagne concrete di sostegno ai feriti, alle famiglie che hanno perso casa per i bombardamenti, a coloro che sono incarcerati, spesso senza garanzie, non soltanto di diritti umani ma anche di quei diritti sanitari, il diritto a essere curati, il diritto a non vedere la problema malattia progredire senza assistenza in carcere. Dall’altro lato l’insistenza politica prioritaria che viene posta, è tesa a ricordare sempre la considerazione seguente:"attenzione noi esistevamo come problema prima della guerra in Iraq, prima dell’11 settembre; esistiamo adesso come problema autonomo, che interpellanza tutte le conoscenze per essere risolto”.
E coloro che portano avanti, con un nesso immediato altre rivendicazioni assieme alle lotte che si vorrebbero a sostegno del popolo palestinese, comunque uno le voglia considerare, proprie quel sostegno indebolisce drammaticamente.
E’ un tema che ha una lunga storia nella questione palestinese, cari colleghi, perché purtroppo non c’è stata soltanto la cecità di chi per decenni ha detto “non esiste il popolo palestinese, abbiamo di fronte soltanto persone che possono avere il passaporto giordano o egiziano o siriano”.
Non c’era soltanto "costui"-per dir così- ma c’era anche a Sinistra chi diceva ad esempio “che quella lotta e quel popolo potevano essere riconosciuti solo se si fossero dati a quella lotta una connotazione di classe e non nazionale” oppure “se fosse loro data una connotazione internazionalista più chiara”.
Oggi sembrano cose lontanissime ma non lo erano vent’anni fa.
Per esempio i palestinesi addirittura di questo dovevano occuparsi : “decidere cos’era meglio fra l’URSS e la Cina”.
Sembrano follie ma sono cose che hanno tenuto banco per molti molti anni.
Invece no colleghi, la questione palestinese è una questione specifica, dove si è compiuta una ferita, che certo pesa sulla coscienza della dignità umana di ogni popolo del Terzo Mondo, quanto noi in occidente non riusciamo più a comprendere, ma è una questione specifica, prioritaria alla risoluzione di altre e non secondaria. Quindi, cari colleghi, non c’è soltanto la barbarie delle frasi che si sono gridate, che da per sé basterebbe, ma anche rispetto alla qualità stessa di quella manifestazione bisogna interrogarsi.
Occorrono forme di solidarietà che tendano a mettere maggiormente in rilievo la questione palestinese, non a caricarla del peso delle ingiustizie del mondo intero, perché c’è una urgenza che non ammette repliche.
Io credo che questo sia un punto che va anche a interpellare la nostra coscienza morale.
Chi segue quel popolo da molti anni, a me capita di farlo, sa che non si scherza con chi ogni giorno non sa se avrà se avrà un risveglio.
Non si scherza. Né per avere una preferenza né per avere un voto né per cercare uno spazio politico né per affermare i valori supremi di un’umanità che, al riparo in altri continenti, può guardare al Terzo Mondo irridendolo.
Non si scherza.
Sarà quella questione qualcosa che finché non sarà risolta, inevitabilmente interpellerà il mondo intero ogni giorno che passa.
Allora io interpreto, colleghi, questo ordine del giorno come un dovere istituzionale da condividere, e come tale lo voterò senz’altro; mi auguro e sono sicuro che prosegua la nostra iniziativa internazionale, così ampia e ricca e così necessaria.
Una iniziativa internazionale da portare avanti anche come Comune, quanto sia importante lo capiamo quando poi arriviamo al dunque di questioni così rilevanti.
Dico questo perché altre volte si è parlato di impegni eccessivi, addirittura di sprechi a fronte degli interventi di cooperazione.
Mi auguro che presto avremo l’occasione per un dibattito altrettanto veritiero e importante che ci consenta di comprendere i passi avanti che devono essere fatti e non di dover partire da un serio passo indietro, dovuto al gravissimo e colpevole errore che si è compiuto.