martedì 17 ottobre 2006

Davide in Comune. Intervento sulle gravi violenze contro donne.

Consigliere FERRARI,
DEMOCRATICI DI SINISTRA
(intervento nel Consiglio comunale di Lunedì 9 Ottobre 2006)
BOZZA STENOGRAFICA

Utilizzerò ben poco del tempo, non per
mancanza di interesse per la
discussione ma per seguire l'indicazione che il
Presidente dava, immagino
anche su ispirazione e richiesta delle colleghe
proponenti. Ciò detto, che
dire in due o tre minuti? Solo un punto,
colleghi, su cui magari in altra
sede potrà essere utile ritornare, dopo
l'affermazione generica ma
significativa di adesione alla relazione
della presidente Suprani e
all'ordine del giorno unitario, che ho
sottoscritto, e anche all'intervento e
all'ordine del giorno presentato dal collega Lo
Giudice. Che dire quindi in
pochi minuti? Io introdurrei un argomento -
magari, ripeto, da sviluppare
anche in altra occasione, se si vuole - che
è il seguente: è vero, non va nascosto
dietro a nuove urgenze di sicurezza,
addivenute dopo fatti incresciosi e
drammatici e anche dopo diffusi comportamenti,
c'è anche il problema del
pervenire in una situazione come la nostra,
prima più al riparo, non di
culture diverse ma di veri e propri
comportamenti inaccettabili che
provengono da diverse realtà: un machismo
diffuso che da noi non era
sconosciuto ma era secondario. Seconda
verità: c'è un degrado indubbio
della vita familiare. Se si mangia assieme una
volta alla settimana e non
quattordici volte in sette giorni, volete
mai che possa esserci una
trasmissione, un magistero del padre ai
figli, della madre alle figlie,
della famiglia? E' assai difficile. Vero
anche che si è persa una certa
presenza in ognuno di noi e certamente nel
diffuso della società del senso
del limite, è vero. Sono anche affiorate
culture individualiste, per
origini diverse. Però - e ho trovato anche nelle
parole del collega Carella
poco fa una conferma - io sono convinto che il
nocciolo che sta dietro nei
confronti della violenza alle donne è
quello che questa violenza è un
indice sociale, è stato ricordato. Diciamola così
in un secondo: non appare
forse a tutti noi a ben riflettere come
la parte maschile si senta
incalzata da una trasformazione antropologica
e che la violenza sia
risposta alla perdita di potere? Questo
l'abbiamo riconosciuto. Allora
mettiamolo, perché evidentemente è più
rilevante perché è più generale,
avanti rispetto agli altri motivi. Io su
questo concludo, ho detto solo
titoli ma li ho detti con convinzione, non
mi sembrano poi in fondo
banalissimi. C'è di più però; non basta dire
che questa perdita e questa
sfida sul potere in qualche modo determina
un incubatoio per atti di
risposta violenta, c'è di più, c'è un dato
appunto sociale. Provo a dirla
così: non è forse vero che mentre la società in
qualche modo sui diritti,
io dico almeno dall'inizio degli anni
Ottanta, non ha segnato poderosi
avanzamenti? Anzi, pensiamo alla situazione
nei luoghi di lavoro per
esempio, ha segnato ritorni indietro? Non è forse
vero che in questi stessi
anni invece nella società la richiesta di
diritti da parte delle donne e
l'affermazione professionale che la
sostanziava sono andate invece molto
avanti? E allora c'è come un doppio
movimento, uno del quale va contro
l'altro; non c'è soltanto una sfida a
ridefinire il ruolo maschile, c'è
qualche altra cosa, e cioè c'è una società che
mentre le donne chiedono di
andare avanti sta ridefinendo all'indietro
molti dei suoi confini di
diritti reali. Questo è il punto. C'entrerà
qualcosa questo rispetto alla
violenza? In altre epoche, badate, è c'entrato
eccome, è c'entrato eccome,
e a un certo punto il sociale prevalente,
la deriva alla negazione
dell'individuo, della persona e
dell'uguaglianza, ha prevalso su realtà
molto forti che erano andate consolidandosi,
perlopiù nella sfera maschile.
Questo è stato per esempio negli anni Venti
e Trenta in tutta Europa e
forse non solo in Europa. C'è qualche cosa
che ci può fare supporre che
questa è una ragione generalissima, che certo
va molto in là rispetto ai
nostri dati, ai nostri doveri, a come rispondere
qui, che indirizzo dare al
confronto con le forze dell'ordine, come
garantire la repressione, come
garantire la prevenzione, su quale piano
fissare l'orizzonte educativo?
Certo, di questo dobbiamo occuparci. Io però - e
con questo termine - sono
convinto che se almeno non dimenticassimo
quello che qui i colleghi hanno
detto, cioè la violenza alle donne come
indice di un problema sociale
generale, e quello che mi permetto di suggerire
modestamente, che cioè ci
sia una controtendenza femminile che va
salvaguardata rispetto ad una
società spesso avara sul piano dei diritti,
ebbene, se ragionassimo più di
questo forse potremmo, con più motivi, dare
sostanza a tutte le scelte
politiche concrete che abbiamo di fronte.