venerdì 26 settembre 2003

SCUOLE COMUNALI . IL DIRITTO AL FUTURO

Le scuole si sono riaperte. Sembra che nonostante
tanti tagli ministeriali tutto sommato Presidi e
Dirigenti siano riusciti a far partite la grande
macchina del sapere. Certamente per gli insegnanti non
sarà un anno facile. Dovranno, pur essendo molto meno
numerosi, cercare di coprire tutti i buchi che si
stanno aprendo nelle scuole pubbliche. Certamente non
sarà un anno facile neppure per le famiglie e gli
studenti. Il carovita morde e i libri costano ogni
anno di più.
Ma in questo quadro c'è a Bologna chi sta molto
peggio. Sono i bambini, i genitori e gli insegnanti di
nove sezioni ( classi) di scuole dell'infanzia
comunali situate nel Quartiere Savena.
Come avrebbe detto Totò: "tomo tomo, cacchio cacchio"
il Comune ha deciso di chiuderle e di farle sostituire
da sezioni statali.
L'anno è già iniziato e quindi i bambini dovranno
cambiare insegnanti "in corso d'opera". Nessuno sa
ancora se verrà predisposto almeno un piano di
sostegno pedagogico, da parte del Comune, per
contribuire a rendere più dolce il passaggio e a
mantenere alta la qualità.
A partire da questo episodio, davvero negativo, vorrei
avanzare una proposta.
Una volta si diceva che gli asili nido e le scuole
dell'infanzia erano fiori all'occhiello del Comune di
Bologna. Oggi pare non si veda l'ora di disfarsene al
più presto possibile: o con privatizzazioni o con
passaggi allo Stato. E' un errore. Sono convinto che,
al contrario, bisogna dare più forza e autonomia agli
interventi educativi comunali rivolti ai bambini da 0
a 6 anni.
Perché scrivo "più autonomia"? Perché le scuole non
sono "proprietà" dei Sindaci o dei Ministri. No.
Devono essere sentiti come propri da chi vi studia e
gioca e da chi vi insegna ed educa.
Le leggi già ci sono per andare in questa direzione.
E' Bologna ad essere rimasta indietro.
Propongo che, così come si è fatto per le principali
realtà culturali comunali ( Galleria d'Arte Moderna,
Teatro Lirico, Cineteca), anche le scuole e i nidi si
costituiscano in una grande Istituzione culturale ed
educativa autonoma. Ci vorrebbe alla sua guida una
personalità forte capace di difenderne l'identità e il
futuro, assieme al collettivo dei pedagogisti, al
collegio dei docenti e ad un associazione unitaria
delle famiglie. Al Comune resterebbe l'onere
principale: garantire finanziamento e approvare la
programmazione degli interventi, che sarebbero però
progettati autonomamente dall'Istituzione. Si dice
sempre che le necessità ineludibili del bilancio
comunale richiedono progressive "svendite". A me
sembra però che, come accade sempre al mondo, chi ha
il potere di proporre idee, al Sindaco e al Consiglio
comunale, alla fine ottenga più soldi di chi non ha
voce.
Oggi le nostre scuole sono rese afone. Per le scuole
private si trovano sempre fior di difensori e di
sponsor, per le scuole statali parlano i Presidi e i
Dirigenti. Ma chi parla al Sindaco delle "sue" scuole?
Nessuno. Può sembrare un paradosso ma è così. I
risultati si vedono: i genitori accompagnano i bambini
in scuole dove le insegnanti fanno miracoli ma che
appaiono e sono più povere di quello che non siano le
case e il tenore di vita delle famiglie. Bologna è una
città ancora ricca, ma che rischia di avere scuole
povere.
Quando non, addirittura, scuole chiuse. Riflettiamoci
sopra.
Sono convinto che, viceversa, scuole e nidi, pubblici
e comunali, liberi di essere protagonisti, potrebbero
attirare anche contributi e perfino sponsorizzazioni.
Se le Fondazioni bancarie hanno trovato le risorse per
aggiustare il cappello in bronzo di Minghetti o il
bastone in legno di San Petronio, meritoriamente,
perché non potrebbero essere chiamate ad aiutare le
scuole?
Ne ricaverebbero un guadagno di immagine probabilmente
assai superiore.
Ma ci vogliono uomini e donne intelligenti ed autonomi
dalle dimenticanze del potere politico, per presentare
progetti e per trovare fondi. Per avere successo,
quindi, e non sempre la frustrazione di sentirsi un
cane in chiesa ogniqualvolta si parla di bilancio.

26 09 2003